Madonna Sistina, di Raffaello Sanzio

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

La Madonna Sistina appartiene a quelle opere sovrastate da un proprio dettaglio, allo stesso modo in cui il Battesimo di Cristo, del Verrocchio, arretra di fronte allo splendido angelo, realizzato da uno dei ragazzi di bottega.

Cose che possono accadere, quando, tra gli apprendisti, ti ritrovi il giovane Leonardo Da Vinci.
Quando si chiede a qualcuno se conosce la Madonna Sistina, non è raro incontrare sguardi smarriti, ma è sufficiente ricordare il particolare dei due puttini sottostanti, ed ecco che tutti comprendono di che opera si stia parlando.

Dipinta da Raffaello negli ultimi anni di vita, a maturità inoltrata, raffigura un contesto in cui l’artista utilizza l’espediente del trompe-l’oeil, simulando una finestra aperta, di cui si vedono le tende tirate ed un davanzale cui si affacciano due angioletti pensierosi, vagamente annoiati.

Anche Albrecht Dürer, nell’Autoritratto, del 1498, così come la Gioconda, qualche anno più tardi, ritratti di tre quarti, si appoggiano su di un bracciolo sul bordo del dipinto, consentendo a chi osserva di partecipare fisicamente alla scena, ingenerando l’illusione di vivere il quadro.

Gli angioletti di Raffaello raggiungono un livello anche superiore: in grado di uscire dal dipinto, colonizzando il mondo esterno. Alzi la mano chi non ha in casa propria, almeno un oggetto riportante la deliziosa immagine.

È stato lo stesso per me: ignoravo, addirittura, che fossero parte di un’opera più complessa, ed esibivo, terribilmente orgogliosa, una t-shirt che li raffigurava, probabile acquisto su una bancarella, che, a propria volta faceva il paio con la maglia, comprata nei pressi degli Uffizi di Firenze, con una sorta di parodia della Gioconda.

Quei classici acquisti che, in occasione di ogni gita scolastica, vengono caldamente sconsigliati dai professori, i quali cominciano ad ammonire in tal senso gli studenti, ancora prima che il pullman si fermi a parcheggiare. Personalmente, da questo punto di vista, mi sono sempre rivelata una vittima predestinata: non c’era acquisto di quel genere che riuscisse a sfuggirmi.

Al pari di Beppe Severgnini, il quale, nel libro Italiani si diventa, racconta della propria peccaminosa giacca con le frange, acquistata in quel di Cheyenne, in Wyoming – io, sempre in Wyoming, ma a Jackson, la evitai per un soffio, ma ripiegai su di una splendida serie di monili indiani artigianali rigorosamente Made in Taiwan; probabilmente, fu la località ad influire sul misfatto – mi precipitavo, frontalmente, contro qualunque bazar mi sbandierasse davanti quel genere di tentazione.

Anni dopo, non più adolescente ma sempre incorreggibile, sul Vesuvio, indugiai a lungo su una riproduzione del David di Michelangelo, a grandezza quasi naturale: fui costretta a desistere solo quando mi accorsi che la suddetta statua si rifiutava, per ingombro, di farsi chiudere nel baule della moto.

Sulla mia splendida maglietta, la povera, maltrattata, Monna Lisa ritratta in una serie di sedici fotogrammi, in cui cominciava sfoggiando il suo delizioso sorriso, poi, non riuscendo a trattenersi, si sganasciava letteralmente, fino a ribaltarsi dallo scranno. Come negarlo: era divertentissima…

Raffaello Sanzio 1483 – 1520
Madonna Sistina (1513/14)
Olio su tela (265 x 196 cm)
Dresda – Gemäldegalerie Alte Meister

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