Matteo Malavasi, L’ animale

DI MARIO MESSINA

Matteo Malavasi,
L’ animale
Argento vivo

Una consolidata tradizione storico-filosofica individua nel “tre” il numero perfetto.
In deroga a tale principio Matteo Malavasi ha affidato al “due” la sua personale idea di perfezione.
Il romanzo da lui ideato vede, infatti, nel duplice la quadratura del cerchio.
Ogni aspetto ne è pervaso.
“L’animale”, infatti, non è un semplice romanzo.
È un libro che, a sua volta, contiene e narra di un altro libro.

Una narrazione che contiene delle memorie. Quelle di uno schizoide.
Scopriamo, così, che l’animale è una bestia a due corpi.
Uno prende il nome di Yuri Ferri. L’altro di Enrico dell’Acqua.
Lo stesso involucro umano contenente due personalità diametralmente opposte.
A seconda che a prevalere sia l’uomo-animale o l’animale-uomo.

La narrazione in prima persona chiama in causa ora l’uno, ora l’altro.
<<Lui, Enri, non predicava. Lui, Enri, agiva>> (pag.80).
È Yuri a pronunciarsi. Sognando, tramite Enrico, di vivere una vita non vissuta ma che sarebbe valsa la pena vivere.
Quel “dark Side of the moon” che non è solo un celebre titolo discografico ma che diviene, nel nostro caso, un modo di inseguire una giustizia sociale con “acta non verba”, per citare un vecchio motto latino.

È lo stesso Enrico a ribadirlo, a parti ribaltate, nel suo dialogo immaginario con Yuri:
<<Ecco, vedi? Io sono così senza filtri. […]
Brucio in fretta e molto più pericolosamente. Sono nocivo, Yuri>>(pag.82).
Nel protagonista, come detto, le due nature convivono.
<<L’uomo animale, lui, che dell’animale aveva scelto di rinnegare ogni bellezza, ogni dignità. E l’animale-uomo, io, che cercava di donare a tutti gli umani che ne erano privi quella fierezza animalesca seppellita da strati di ipocrita civilizzazione>> afferma sempre Enrico a pagina 147.

A beneficio del lettore è bene precisare che questa sovrapponibile duplicità di voci non pervade, però, l’intero romanzo.
La struttura dello stesso è, essa stessa, a doppia velocità.
Ragionata la prima parte, quanto vorticosa la seconda
L’incipit è ingannevole, lento, quieto.
Lascerebbe intendere che a narrare sia una persona in fuga dal caos quotidiano di città:
<<Incredibile come si possa star bene lontano da tutto e da tutti. Davanti a me il verde di una vallata di montagna, di fianco a me un bicchiere di acqua gassata. Dietro di me la vita. La mia, di vita.>>
(pag.11).

Le pagine scorrono. Fino ad un momento di rottura. Un camice bianco compare.
La spirale inizia a girare.
Due colori a comporla. Bianco e nero. Yuri ed Enrico. Della quiete iniziale poco o nulla rimane. La velocità progressivamente aumenta.
E come avviene negli effetti ottici i colori si sovrappongono e ti risucchiano.
Quale sarà il bianco e quale il nero?
Perché la natura umana può essere duplice quanto la realtà.

Il lettore sarà, così, chiamato ad interrogarsi: dove finisce quest’ultima e dove inizia la fantasia?
Nel rispondere prenderà atto che a quell’incipit così pacato corrisponderà un finale altrettanto crudo.

Immagine tratta dal web

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