Max Beckmann, Circus caravan

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Max Beckmann, pittore tedesco che opera tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, allo stesso modo in cui si viene a trovare cronologicamente a cavallo tra due secoli, sviluppa una forte dicotomia anche in senso artistico.

Talento precoce, nonché grande ammiratore degli antichi maestri, intorno al 1906, complice un trasferimento stabile a Berlino, si avvicina alla Secessione, ma pur praticamente aderendovi, connota le proprie opere in senso sentimentale, non rinunciando tuttavia ad esternare una palese ambiguità.

Più che una linea di demarcazione, un punto di contatto, in cui Impressionismo ed Espressionismo si affrontano in un ipotetico, incruento conflitto, da cui risulterà vittoriosa la deriva espressionista, quest’ultima senz’altro supportata da alcuni problemi psicologici riportati dall’artista, a causa della partecipazione, sia pure per pochi mesi, alla Prima Guerra Mondiale.

Muove così verso Francoforte ed entra in contatto con Otto Dix, uno degli esponenti principali della Neue Sachlichkeit, caratteristicamente noto per la durezza e veridicità dei suoi dipinti che non mancano di influenzare notevolmente Beckmann, coinvolto in un vortice di cruda realtà indubbiamente accentuato da quei ricordi personali angosciosi che già ne avevano permeato l’esistenza.

Tormento e crudeltà invadono le tele dell’artista, peraltro non scevre di frequenti allusioni simboliche spesso magistralmente rese attraverso affilate e trancianti squadrature, aggressivamente incisive e rivelatrici di una inquietudine di fondo estremamente vicina a sensazioni di degenerazione morale e degradazione sociale.

Nonostante un breve periodo di relativo ingentilimento dei propri personali costumi, probabilmente determinato dalla vicinanza della pittura francese, sarà specificamente la cultura parigina, intorno agli anni Trenta, a provocargli una decisa virata in senso cromatico, in un momento in cui la raggiunta maturità lo porterà a realizzare dipinti in senso allegorico suggestionati dalla conoscenza di Hieronymus Bosch, autore intellettualmente visionario per eccellenza.

Circus caravan – All’interno di una roulotte da circo – del 1940, appartiene a quest’ultimo periodo produttivo dell’artista.
Manifesto di una narrazione pittorica collocata in un ambiente sospeso tra simboli di esistenza reale e grottesche scene simil oniriche degne di un mondo artificiale ed artefatto, racchiude elementi dell’esistenza umana, per l’occasione interpretati da attori e circensi indotti ad evidenziarne teatralmente il senso.

Come al circo, come su di un palcoscenico, i personaggi sono chiamati a recitare la grande esibizione della vita, sottolineando situazioni personali dell’autore che fuoriescono irruenti, quasi in cerca di ciò che è stata definita una sfida a qualsiasi interpretazione universalmente valida.

Rinchiusi al pari delle feroci tigri in gabbia ben visibili sulla destra, i protagonisti si muovono in uno spazio ristretto e inadeguato, per l’appunto l’interno di un caravan circense, ognuno secondo la propria indole – l’acrobata tenta di fuggire con l’aiuto di una improbabile scala, approfittando dell’orario presumibilmente notturno, mentre la svogliata indovina al centro maneggia con noncuranza carte non certo inneggianti ad una agognata fortuna – in compagnia di strani individui quali un nano che regge una lanterna ed un dispotico domatore con frusta, molto più interessato a loro che alle fiere alle sue spalle; tutti peraltro sorvegliati da un uomo, il cui volto appare in parte celato da un giornale, la cui fisionomia è stata riconosciuta come quella dello stesso Beckmann, così come le fattezze della chiromante ricordano quella della di lui consorte, Mathilde.

Un’ottica decisamente greve e oppressiva, assolutamente indicativa del periodo in cui il dipinto è concepito e realizzato: quello dell’angoscioso esilio olandese in quel di Amsterdam, il cui confinamento imposto sotto la costante minaccia dei nazisti, unita ad una inequivocabile incertezza sul futuro, riecheggia nelle stesse dichiarazioni di Beckmann, il quale, anche dopo molti anni e ormai fuggito oltreoceano, a New York, continuerà ad essere perseguitato dai fantasmi del passato…

‘Curioso che in ogni città io senta ruggire leoni’ – Max Beckmann

Max Beckmann (1884-1950), Circus caravan, 1940, olio su tela, 86.3×118.5 cm., Francoforte – Städelsches Kunstinstitut und Stadtische Galerie
Immagine: web

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