Mi prendo la tua solitudine

DI GIOVANNI DE LUCIA

Mi prendo la tua solitudine
Cosa vuoi che io sia? Posso essere una poesia, una canzone. Posso illuminarti una cena in quel localino a Punta Pinciosa. Posso essere due chiacchiere mentre passeggi lungo la litoranea. Posso essere i tuoi silenzi, quando ti racconti la vita.

Però la domanda che non ti sei mai fatta è cosa vorrei che io fossi. Io certamente non un istante, non piccoli attimi o ritagli di vita. Vorrei essere il tuo sguardo al tramonto sul mare, il tuo sorriso quando ti svegli. Vorrei essere la tasca del tuo giaccone. Vorrei e so di non poterlo essere mai.

Ho imparato ad accontentarmi di piccoli attimi, il cuore è diventato un prisma che scompone parole e sguardi assegnando loro colori, che si proiettano nei momenti in cui ti aspetto.
Oggi invece sono qui a sentire in faccia gli schizzi delle onde, le carezze della tramontana.

Proverò a mettere in uno shaker tutti i ricordi che ho di te e farne un cocktail con il quale brindare con la tua solitudine, sino ad ubriacarmi. Sembra assurdo, tu che sei un catalizzatore di sorrisi, di abbracci, di meraviglie, perché hai scelto me per la tua solitudine? Forse sono un amante discreto, una telefonata sicura, l’uomo del lampione sotto casa.

Ma un amante dura il tempo di una illusione ed io consapevolmente ti dico che preferisco sognarti. Lì, il tempo è tutto ciò che eri ed io tutto ciò che sono sempre stato. Allora è giusto che io mi ubriachi con la tua solitudine e con lei danzi fino allo sfinimento. Quando ti sveglierai lei non sarà più con te, lei sarà solo mia.

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