Mio figlio

DI CARLO MINGIARDI

Quando siamo usciti dal “San Giovanni” con te nel trasportino avevi solo un paio di giorni, ci siamo guardati con tua madre e ci siamo detti:
“adesso che facciamo?”

Ancora non eravamo consapevoli di quanto sarebbe stato fantastico avere un figlio, quale meravigliosa avventura ci aspettava.
In vita mia avevo incontrato molte forme di bellezza, ma non avrei mai immaginato che la più bella sarebbe stata quella degli occhi di mio figlio.

Ricordo la prima volta che ti abbiamo messo una maschera per carnevale avevi un anno e mezzo, mamma ti aveva cucito un costumino da uomo primitivo, con la collana di ossi e la clava di plastica che fischiava.
Avevi una cascata di boccoli biondi e le guanciotte rosse.

In giro per il lungomare si fermavano tutti per farti un complimento, tu gli davi la mano e andavi via con loro contento come una pasqua.
Mi avrai fatto vedere Bianca e Bernie almeno un migliaio di volte, prendevi la cassetta e mi dicevi di metterla nel videoregistratore. Ti sedevi per terra e ti perdevi tra quei fotogrammi dimenticando tutto il resto, con lo sguardo pieno di stupore.

Sei praticamente cresciuto in una piscina, l’istruttrice di nuoto aveva un bel da fare per tenerti buono. Tu stavi sempre sott’acqua come un delfino impazzito, tua madre in tribuna aveva sempre il batticuore perché ti perdeva d’occhio.
La domenica mattina ti svegliavi con la tutina del pigiama azzurra ancora in dosso, dopo la colazione se mettevo qualche cd ti mettevi a saltellare come un canguro al ritmo della musica e allora ballavamo insieme.

Quanta te ne ho fatta ascoltare, è una passione che ho sempre voluto trasmetterti.
Le maestre a scuola erano pazze di te, dicevano che avevi un bel carattere, sempre altruista con i compagni. C’era una bambina che non parlava mai, aveva perso il papà e da quel giorno non aveva più proferito parola. Era la tua compagna di banco, col tempo sei riuscito a farla riparlare.
Passavi i pomeriggi interi a casa di nonna “piccola”, come la chiamavi tu, insieme a tua cugina Viola.

Improvvisavate un teatrino e la sera quando venivo a prendervi, recitavate tra mille risate la storia che vi eravate inventati dimenticando le battute.
Per Natale quando arrivava la scatola delle costruzioni lego, passavamo la giornata a costruire il castello di mattoncini insieme, ti inventavi sempre qualcosa di nuovo, immancabilmente la smontavi e la rifacevi a modo tuo.
Le abbiamo conservate tutte.

Una volta andammo alla Frasca, una pineta bellissima sul mare, con le biciclette. Aveva piovuto ed era pieno di pozzanghere, non ci abbiamo pensato un istante, abbiamo cominciato a passarci dentro avanti e indietro. Tua madre rideva come una pazza e noi a fine pomeriggio eravamo fradici come pulcini.

Quando ti comprai la prima muta da sub, maschera, pinne e fucile, ti portavo insieme a me e ti insegnavo i trucchi per catturare i pesci. Avevi una acquaticità naturale, scendevi in apnea con una eleganza innata. La prima cerniotta che prendesti in Sardegna è stata una festa, la portasti in giro per tutto il campeggio per farla vedere.

Ma la paura che mi hai fatto prendere con il primo motorino usato che ti comprai fu’ tremenda, dopo appena un chilometro, io ti stavo dietro con la macchina, al primo incrocio hai centrato in pieno un auto. Per fortuna andò bene.
La prima batteria, perché la passione per la musica l’hai sempre avuta.
La prima nota sul diario presa a scuola.
La prima vacanza da solo, per conto tuo.
La prima fidanzata che hai portato a casa.
La prima treccina “rasta”.

Il primo concorso fotografico vinto.
Ci sono stati un infinità di “prima” che è impossibile raccontarli tutti.
Parecchi me li sono persi, perché stavo quasi sempre fuori per lavoro, cercavo di recuperare il sabato e la domenica, quando potevo.
Spero siano stati sufficienti, che ti abbiano lasciato qualcosa di buono.
Nessuno ti insegna a fare il padre, è una cosa che devi trovare dentro te stesso, con quello che ti hanno trasmesso i genitori e con le esperienze che hai fatto fino a quel momento.

Non sono stato un padre perfetto, ho cercato di fare del mio meglio.
Oggi ti guardo con ammirazione, forse i valori più importanti io e tua madre te li abbiamo trasmessi, lo hai sempre dimostrato e tutt’oggi continui a portarli avanti.

Non dimenticarli mai quei momenti, ti serviranno con i tuoi figli, li aiuteranno a crescere giusti e liberi.

Immagine tratta da la Repubblica

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