#Mustafà, un ‘babbo’ protettivo dalla mente aperta

di Flora Crosara

Forse questa mattina non ha grande voglia di fare mercato della sua merce variopinta e di qualità, che trasporta su e giù per la spiaggia, sulle spalle e dentro grandi borse di plastica azzurra.

Ogni giorno la stessa metodica, allo sfinimento, per tutti i mesi estivi. Ne ha bisogno, per certo. Ma ha più bisogno di parlare, di condividere questa struggente nostalgia che gli si legge negli occhi.

Appoggia il suo peso fisico sul lettino libero, dietro di noi e chiede se può sostare, solo per poco.

Ci affida il peso della sua anima.

Lo conosciamo da anni quest’ uomo, un marocchino venuto in Italia trentacinque anni fa, ragazzo, con la sua famiglia. Poi papà e mamma sono tornati in Marocco. Ora “babbo” è morto.

Mi pare curiosa la sua lingua: alterna la sua parlata in un italiano comprensibile ma non sempre fluido, con termini locali…della Toscana. Sta bene qui, è ben integrato; il lavoro, se pur faticoso, non gli pesa perché lo fa per mantenere la sua famiglia. Nei mesi invernali lavora con suo fratello nei trasporti, sui camion.

Lui si chiama Mustafa e ha uno sguardo dolce…da brava persona.

Oggi ci racconta di quanto gli manchino i suoi figli Fatimah e Abdul. Hanno scelto di tornare con la mamma nel loro paese. Il suo racconto è preciso e i suoi occhi si illuminano, quando parla di loro.

Mi colpisce un particolare. Dice che la ragazzina è studiosa. Lui lavora per garantirle la frequenza in una scuola privata dove è ben seguita. Desidera che coltivi la sua intelligenza, studi le lingue, impari più cose per crearsi un futuro da donna libera.

Quando se ne va non posso evitare di ripensare alle notizie e alle immagini delle donne infagottate che arrivano dall’ Afganistan. Quanto vorrei per ognuna di loro e ogni loro figlia un “babbo” protettivo, con la mente aperta come Mustafà!

*Immagine tratta dal web

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