Nacqui straniero

DI ANTONIO MARTONE

Vidi straniero la luce
E fu allora che braccia straniere
M’accolsero
In un contatto straniero

Nacqui piangente
E parole invadenti e affettuose
Allora
Mi cinsero il cuore

Ora vivo
Vivo ancor sempre straniero
Fra stranieri che fingono
Che fingono d’essere a casa
Straniero è il mio corpo
E i miei occhi
Pure sono stranieri
Se guardano nel vuoto infinito

Il tempo ogni giorno
Ogni giorno ferisce
La mia mente che viene dagli astri
Ferisce
Acuminati frammenti
Di paura nascosta fra i denti
Respiro a fatica
Il mio esser straniero

Il mondo
Mi disse la notte
È una bolla d’aria stagnante
Come fiacca cappa di luce
A esaurimento nel tempo

L’equilibrio sottile
Sui ponti costruiti fra gli attimi
Sto imparando
Da lassù
Ogni giorno mi sforzo
Mi sforzo di costruire un amore

Ascolto ogni istante
Una litania dolente e leggera
Suoni
Di passioni lontane
Avvolgermi
Di fili invisibili e assurdi
Sento cospargermi il cuore
Cospargermi il cuore di illusioni finite

Splende ora
Il mio cielo
D’un tenue orizzonte rosato
E lunghissime falde
Falde arancioni
Preparano un riposo impossibile
Aspetto la notte
Laddove fui sempre straniero

Imparerò ne son certo
Un nuovo linguaggio
Aspetto
Un tempo colmato
Aspetto
Colmato dal linguaggio più d’antico
Aspetto d’essere a casa

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