Nancy Brilli, una carica di sex appeal

DI GINO MORABITO

Comincia a recitare per caso, a diciotto anni, perché all’istituto d’arte di Roma era amica di Vittoria, la figlia del regista Pasquale Squitieri che le affida un ruolo nel film Claretta. Ma è grazie al teatro di Garinei e Giovannini se si fa conoscere ed apprezzare.

Con una carica di sex appeal che solo poche star possiedono, Nancy Brilli è un’icona indiscussa del nostro cinema. Una bellezza senza tempo che sembra aver fatto un patto col diavolo.



Nel corso di una carriera artistica degna di una diva, ha conquistato prestigiose onorificenze come attrice e il riconoscimento del pubblico che la segue con grande affetto.

«Mi sento una donna apprezzata e ben voluta, che non ha recriminazioni da fare. Sono libera, per quanto una persona sia veramente libera quando può decidere tutto quello che vuole, e nessuno è veramente libero. Artisticamente non sono mai scesa a compromessi, né ho dovuto piegarmi alle logiche di mercato.»

Logiche dettate da un’industria dello spettacolo, dove chi ha imparato l’arte spesso è costretto, volente o nolente, a metterla da parte.

«Nell’ultimo periodo ho avuto modo di riflettere sul mio essere attrice e ho capito che devo basarmi maggiormente sulle mie forze, invece che affidarmi ad alcune produzioni che non mi corrispondono.»

Testarda e vulcanica come nell’indole dell’Ariete, ha sempre pagato di persona. Una madre che ha messo tutta sé stessa nel progetto famiglia e che oggi si sente orgogliosa del proprio figlio.

«Nei momenti più bui vedo l’immagine di mio figlio Francesco, tutto il percorso che abbiamo fatto dalla sua nascita fino ad oggi. Ha ventidue anni, e lo considero il mio più grande successo personale.»

Il successo personale di Nicoletta Alina Ortensia Brilli, “romana de Roma”.

«Ho trascorso la mia infanzia a Casal Palocco ed era quella una Roma altra: le biciclette, i pattini, i giardini, i prati immensi… Stavamo come in un paesello ai bordi della Capitale. Roma ho iniziato a viverla dopo i diciotto. Da allora vedo tanti cambiamenti, e purtroppo non tutti in meglio. Bisognerebbe che noi romani, a cominciare dagli amministratori della città, avessimo più a cuore questo posto meraviglioso. Dovremmo prendere sotto braccio questa bella signora ormai anziana, scalcagnatella, e tenerla un po’ meglio.»

Croce e delizia di una città che ti entra dentro e diventa modo di essere, atteggiamento.

«Sono pigra, come tutti i romani veri. Di quei pigri però che, quando partono, poi si danno un gran da fare.»

Padrona del proprio tempo, riflessa nello specchio, sorride alla splendida cinquantottenne che è diventata.

«Mi rendo conto che ancora molte donne vivono male il passaggio del tempo sul loro aspetto. A me questo non interessa. Mi piace vederne l’effetto sulle persone che amo, su mio figlio e i miei nipoti, che crescono e costruiscono il loro futuro. Mi piace anche l’effetto che ha il tempo sulla mia testa. Sicuramente avrò dei piccoli difetti fisici in più ma oggi sono decisamente meglio della ventenne che ero.»

Un’inguaribile romantica che, nonostante i naufragi delle relazioni sentimentali, non ha mai smesso di credere nell’amore.

«Amare gli altri, volere il loro bene, è qualcosa che ci fa stare in pace con noi stessi. Altra faccenda è l’amore romantico: un sentimento totalmente improvviso, inaspettato, fuori controllo. È un po’ come se ci venisse, ad un tratto, un’illuminazione. O una malattia.»

Una malattia dei sentimenti dalla quale si guarisce e, come nell’adattamento teatrale di Lina Wertmüller, una volta rinsavita, la protagonista del racconto non può fare a meno di chiedersi a che servano gli uomini.

«Sicuramente a fare i figli e, in un mondo ideale, a condividere con le proprie donne la buona e la cattiva sorte. Ma, se c’è una cosa che ho imparato, è di non essere portata per il matrimonio.»

 

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