Navi da combattimento in fiamme

DI GIOVANNI BOGANI

Lo sai che cosa non hai saputo mai?

Quella domenica pomeriggio. Quando andai al computer. E nel mettere la mano sul mouse, vidi che le dita tremavano. Non ci feci caso, all’inizio: un tremore muscolare, di sicuro, come quando – che ne so – tremano i cani. Mi misi a scrivere.

Ma il tremore non spariva. E se cercavo di tenere la mano ferma, non ci riuscivo. Se cercavo di fermare quelle dita, non ci riuscivo. E in un attimo vidi la vita di mio padre, vidi il suo calvario, e la fine, prima o poi.

Andai a camminare, al parco delle Cascine, e pensai alla morte che sarebbe arrivata. E mi misi a pensare alla forma degli oggetti. Sfere, cubi, parallelepipedi di palazzi, superfici piane di erba.

Ma perché dovevano essere solo queste le forme del mondo? Perché la musica era solo quella che conoscevamo, e non qualcosa di totalmente, immensamente diverso? pensavo che avrei dovuto lasciare, dopo un po’ di anni in caduta libera, il mondo con le sue forme e i suoi suoni.

E mi chiedevo se l’universo non sarebbe potuto essere molto più vario, con icosaedri e stansolemminiti, forme che non so immaginare, kinospazi e turmalioni, e navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e – pensavo – è tempo di morire. Come il replicante di “Blade Runner”.

Andai a Capri, al festival. Vidi la Scala fenicia, quella di migliaia di scalini, che va da Anacapri fino a Marina grande. La feci, perché forse l’anno prossimo farla avrebbe potuto già essere un problema. Mi preparai a quello che mi attendeva. Avevo quarantadue anni.

Se tendevo il braccio e sopra ci appoggiavo un foglio bianco, il foglio non riusciva a strare fermo. E anche quando giocavo a pallavolo con gli amici ed ero in battuta, non riuscivo a sentirmi fermo, saldo sulle gambe.

Facevo sogni di una forza, di un’intensità, di un realismo, di una potenza che mi spaventavano. E quando andavo a lavarmi i denti, la mattina, sentivo il tremore prendermi il collo, la spina dorsale.

La malattia che più temevo si era manifestata. In me.

Si faceva sentire nel silenzio, quando la sera si zittivano i rumori del mondo, ed ero al tavolo di cucina, da solo. Si faceva sentire come un ronzio, una vibrazione che prendeva il mio corpo, e con i movimenti del giorno riuscivo a dimenticare. Credo di aver pregato, con la forza della disperazione, Dio allontana da me questo calice.

Immagine tratta dal web

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