Ninna nanna, quando l’amore va oltre

DI CARLO MINGIARDI

Erano partiti di mattina presto per quell’appuntamento tanto importante. In auto avevano parlato poco, forse perché quello che li aspettava era un incontro difficile, avrebbero dovuto fare una scelta che avrebbe cambiato radicalmente la loro vita.

Patrizia e Michele avevano aspettato quel giorno per anni, ma adesso prendere quell’ascensore per andare al quinto piano del centro adozioni, gli scombussolava lo stomaco.

Conoscevano ormai a memoria ogni pagina della legge 184, avevano attraversato tutto l’iter burocratico, avevano i requisiti per poter fare quel passo, ma quel giorno Donatella, l’assistente sociale, li aveva chiamati perché voleva esporgli un caso particolare.

Cosa significava quella parola: “particolare”?, forse avevano intuito qualcosa, non sapevano però come avrebbero reagito, se avessero avuto il coraggio di affrontare quel salto nel vuoto.
Quando uscirono dalla palazzina, si avviarono verso l’auto per mano, si fermarono e si abbracciarono a lungo, forse per darsi coraggio, ma sapevano che avevano fatto la cosa giusta.

Quando videro per prima volta Angelina capirono in un attimo che quella era loro figlia, quella che avevano desiderato per tanto tempo, troppo.
Il fatto che stava in un lettino dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, che non avesse i capelli, che avesse dei tubicini e macchinette varie che la circondavano, passò quasi inosservato. Quegli occhi lucidi, stanchi, rassegnati, chiedevano aiuto e loro non potevano sottrarsi per nessun motivo al mondo a quella richiesta disperata.

Sapevano che quel percorso sarebbe stato il più difficile della loro vita, che partivano già sapendo che probabilmente avrebbero perso la battaglia di quella bambina, ma non pensarono un solo istante a dire di “no”.

Angelina aveva una rara forma di cancro, di quelle per le quali non esistono cure e farmaci in grado di arrestarla. Aveva solo otto anni e aveva trascorso la maggior parte della sua vita tra un ospedale e l’altro.

Quel vigliacco del padre era fuggito perché non ne voleva sapere più niente, la coraggiosa mamma era deceduta in incidente d’auto e lei era rimasta sola.
L’unica cosa certa che le era rimasta: la sua malattia, quella non l’avrebbe abbandonata mai.
Era una bambina molto profonda e intelligente, coltivava la passione della lettura, unica cosa che gli era concessa nelle lunghe giornate da trascorrere inchiodata ad un lettino.

Era un punto di riferimento per i bambini dell’ospedale, l’andavano a trovare perché con le sue parole riusciva a rassicurare tutti.
Riusciva ad entrare in empatia con chiunque per lo smisurato amore che aveva dentro.
Patrizia e Michele riuscirono a portare un raggio di luce nella vita Angelina, nel corso del tempo erano diventati insieme tre guerrieri, erano stati capaci di indossare un’armatura in ferro ed avevano iniziato quella battaglia contro quel mostro feroce, senza paura, senza la minima esitazione.

“Perché mi avete adottato?”
“Perché avevamo bisogno di te!”
“Mamma me la canti la ninna nanna?”
“Certo amore mio, te la canto tutte le sere.”
“Ti voglio bene.”
“Anche io e papà te ne vogliamo tanto.”
“Oggi ho capito una cosa.”
“Che cosa amore mio?”
“Che forse insieme a voi ce la posso fare.”
“Certo che ce la farai, adesso dormi Angelina…”
Tutte le sere Patrizia gli cantava la ninna nanna che aveva imparato da sua madre, tutte le sere pregava per sua figlia, mai un giorno smise di lottare quella battaglia.

Ci fu un periodo, dopo una decina di mesi che la bambina aveva mostrato degli inaspettati segni di miglioramento, i medici non sapevano darsi una risposta a quel repentino capovolgimento del quadro clinico.
Allora decisero insieme ai genitori di dimettere temporaneamente la bambina, anche perché aveva espresso il desiderio di fare un viaggio.

Era la prima volta dopo tempo che usciva da quelle quattro mura asettiche, voleva vedere un po’ di mondo, voleva dimenticare l’immagine di quel soffitto in cartongesso che l’aveva accompagnata per troppo tempo. Patrizia e Michele però avevano in programma una cosa che stavano studiando da tempo e non sapevano come avrebbe reagito a quella proposta.

“Angelina se sei d’accordo ti vorremo portare in America.”
“Non ha importanza dove andiamo, voglio prendere l’aero e partire.”
“Con papà abbiamo saputo che in un ospedale stanno sperimentando una cura nuova, abbiamo grandi speranze, che ne pensi?”
“Mamma io volevo fare un viaggio bello.”
“Amore potrebbe essere una possibilità!”
“Sei sicura?
“No, ma dobbiamo tentare!”
“Ti voglio bene mamma.”

Quando varcarono la soglia dell’ MD Anderson Cancer Center, a Houston in Texas, si tenevano tutti e tre per mano. Patrizia e Michele avevano impegnato tutto quello che possedevano per affrontare quel viaggio, si erano promessi che avrebbero fatto qualsiasi cosa per la loro bambina.
Quel posto era la loro ultima speranza, lì c’erano i migliori al mondo.

Quella cosa l’avevano decisa da soli, senza avvisare nessuno, dovevano portare avanti quella battaglia ad ogni costo, dovevano strappare la loro figlia dalle mani spietate di quel mostro.
“Mamma perché fate tutto questo?”
“Perché sei la nostra vita!”
“Ho fatto un sogno ieri.”
“Era un bel sogno amore?”
“Ho sognato che ero grande e cantavo la ninna nanna a una bambina.”
“Un giorno lo farai amore mio.”

E’ una notte stellata, di quelle che ti lasciano senza fiato. Quelle notti di prima estate dove le lucciole riempiono il campo di grano di mille lumini.
Si sente solo il lieve fruscio del vento tra le spighe e il canto intermittente dei grilli.
Claudio salva l’ultimo file del lavoro che deve presentare domani al suo capo, si versa un bicchiere di acqua e lo manda giù tutto d’un sorso.

In veranda c’è sua moglie Angelina che sta cantando una dolce ninna nanna alla piccola Noemi. La raggiunge, le sorride e gli dice:
“E’ meravigliosa nostra figlia.”
“Si amore. Ti amo…”

Immagine tratta dal web

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