Non sopporto né i fanatici, né i dogmatici. Non mi piacciono neppure i chierichetti e i cortigiani. Disprezzo gli apparati, e ancor più disdegno coloro che li fanno funzionare.
Detesto il codazzo di opportunisti e di servi che ronzano attorno al potere. Quando sento odore di setta o scorgo stucchevoli ritualità da sagrestia, sono colto assai rapidamente da un senso insopportabile di claustrofobia che mi spinge a scappare.
Amo i rivoltosi. Non quelli di professione, ossia coloro che hanno elevato l’insolenza a poesia esistenziale, bensì i rivoltosi che sanno essere grati, e sanno magnificare e costruire al di là del già detto e del già fatto, e che non dimenticano mai di non essere soli.
Lasciare aperta la porta del mistero è l’essenza stessa, oltre che del pensiero, dell’uomo stesso. Nient’altro è la nostra specie, infatti, che un’inquietudine costantemente interrogante.
L’uomo è una domanda incessantemente aperta, uno sguardo attonito sul ciglio dell’abisso.
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