Non dimentichiamolo mai: la vita è uno spettacolo incredibile

di Rosa Gallo

Giustizia è fatta, così potrebbe esordire un giudice, oppure potrebbe essere il finale della mia ultima storia, o della mia vita fino a oggi.
Ma cos’è davvero la giustizia?
Ho sempre pensato che la vita non fosse una bilancia che pesa soldi o ragioni di una parte soltanto, di quella parte che si auto-celebra, perché il giusto o lo sbagliato, sono territori con un grande punto interrogativo. Chi può dirlo? Ognuno ha le proprie ragioni.
Io stessa fino a oggi forse sono stata soltanto un puntino disperso nel nulla che cercava di capire quale strada prendere.

Se mi guardo indietro ho perso tante cose nella vita, anche persone, e questo potrebbe valere come fallimento agli occhi di un giudice che deve cercare giustizia nel mio percorso, oppure, potrebbe essere valutato come uno sconto di pena o un’assoluzione. Chissà.
Ho continuato a coltivare la speranza che nulla di ciò che ho fatto per me e per gli altri fosse andato completamente disperso come polvere al vento. Ho provato con tutte le forze a far valere ogni piccolo gesto, ogni frase, ogni pensiero fatto con amore. Ho sempre voluto (quantomeno ci ho sempre provato) lasciare un’impronta, magari piccola, che però si ricordasse a lungo, come una sottile linea a matita, che evidenzia senza disturbare.
Quante volte mi è capitato di chiedermi quante e quali impronte io sia riuscita a lasciare. Sono sicura di aver agito in buona fede e con senso di responsabilità.
Ho avuto sani principi e li ho sempre messi in pratica, ho creduto nei piccoli gesti dalle grandi emozioni.
Ho creduto che cercarsi fosse un grande gesto, in amicizia come in amore, che rappresentasse il bisogno urgente di stare insieme come un magico collante. Sono certa, comunque, di aver sempre preteso (e che ancora oggi lo pretendo), che il mio ingresso nella vita di qualcuno, non fosse stato e non sia, per prendere il posto di nessun’altra persona né di riempire un vuoto lasciato.
Ho sempre voluto poter essere la pagina di un nuovo racconto, non un rattoppo.
Nei momenti critici ognuno tira fuori il meglio di sé, o il peggio, ed è questo che diversifica le persone.
C’è chi costruisce le basi per nuove opportunità di crescita e chi demolisce le fondamenta di speranze e occasioni.
Capita, a volte, di essere costretti a demolire per poter ricostruire su fondamenta solide, un’idea, un rapporto, o se stessi, e benché io sia sempre stata contraria alle demolizioni, a volte, demolire e ricostruire è stato assai più semplice e più utile che cercare di rattoppare.
Forse negli ultimi tempi abbiamo perso un po’ tutti, chi più chi meno, l’eleganza del gesto. Un gesto invece, seppur piccolo, vale più di mille smielevoli parole, senza il quale, a mio vedere, finiremmo per assomigliare a quei binari che corrono per conto loro senza mai incontrarsi.
Viviamo i giorni dei “tutti eletti, saputi e sul podio” e quei “tutto” non si rendono conto che ignorante (titolo che distribuiscono come le caramelle ai bambini la sera di Halloween), deriva da ignorare e che capita anche a chi ha tre master di ignorare qualcosa. Ciò che è deplorevole è l’atteggiamento, volto a “ignorare” e schiacciare le persone.
E poi… e poi cosa ho imparato signor giudice, ad esempio che all’inizio facevo per gli altri quello che gli altri non facevano per me, col tempo poi, ho finito per fare solo quello che si sono meritati. Non per compensare, per difendermi.
Giustizia è fatta. Chissà lei cosa ne pensa.
Ho trattato la mia vita come fosse la più grande azienda del mondo, nella quale solo io potevo impedire che andasse in declino. Dovevo guadagnare ogni giorno in valori, come fosse quotata in borsa, doveva aggiungere valore ai valori.
Schiava del tempo, quello sì, lo sono sempre stata e pure della paura che mi facesse a pezzi, il tempo, invece sono ancora qui.
C’è un’espressione che mi ha spesso colpita, Wanderlust… definisce un moto dell’animo. Rappresenta la voglia di viaggiare, il semplice desiderio di vagabondare senza meta. Per me si tratta di girovagare seguendo la direzione del mio mondo emotivo.
È intraducibile, descrive uno stato d’animo di una complessità enorme.
Torniamo alla felicità signor giudice, essere felice non l’ho mai realizzato come un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti, un lavoro senza fatica o una relazione senza delusioni, sono sempre stata convinta che essere felice sia il mio stato d’animo.
La felicità è trovare la speranza nelle battaglie di tutti i giorni, trovare sicurezza nella paura, trovare amore nei disaccordi. Essere felice non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza, non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezione dai fallimenti.
Il desiderio inalienabile dell’anima è quello di essere felici.
Ebbene sì, è esistita anche la rabbia, che di per sé è stata una potente spezia. Come posso spiegarla, è stata come un pizzico che in alcune occasioni mi aveva risvegliata. Ma la rabbia si sa, ottura i sensi. L’ho tenuta a bada, con buon senso. Sì perché anche nelle discussioni più accese, anche in preda alla tempesta, occhi negli occhi, ho poi superato quasi tutto.
Ho avuto un debole per le persone che si sono fatte vive senza un tornaconto.
Tutti commettiamo degli errori è chiaro, però se c’è la voglia di recuperare, di chiarirsi, di venirsi incontro, di scendere dal pulpito, di chiedere scusa… allora sì, c’è futuro. Così per me è sempre stato.
Magari ci vuole tempo, forse molto, ma arriva sempre il momento in cui guardi con occhi diversi, vedi finalmente le cose come stanno e sembra ti si apra un altro universo, invece é sempre stato lì.
Lo ammetto, ho spesso sbagliato io ad attribuire alle persone il valore che non avevano, avrei dovuto rendermi conto prima e ricordarmi poi, che quel valore era tutto mio, anche solo per aver creduto che potessero essere migliori di quello che erano. Che grande delusione sono state alcune persone. Signor giudice, mi dichiaro colpevole del fatto che ancora oggi, a ri-pensarle provo schifo. E lo so che la parola schifo fa schifo, ma è l’unica che renda bene l’idea.
Se hanno un tornaconto, se non sono puliti, spontanei e disinteressati, è becera convenienza.
Lei non ha mai fatto caso che lo stronzo vive sereno e beato e le persone buone hanno tutte la gastrite? Che dallo psicologo ci va chi subisce il torto e non quello che lo fa? Che chi offende viene più ascoltato della persona educata?
Che quello che viviamo è un mondo al contrario? Spero di sì, affinché lei signor giudice possa fare giustizia.
Oggi viene concesso tutto, inclusa la volgarità eccessiva, sgradevole.
Oggi, mi auguro che la mia vita diventi un giardino di opportunità per essere felice e che quando sbaglierò strada possa iniziare tutto da capo. Essere felice non è avere una vita perfetta ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza, utilizzare le perdite per affinare la pazienza, gli errori per scolpire la serenità, il dolore per superare gli ostacoli.
La vita è anche dividersi tra un giusto e un vorrei.
Signor giudice, ho avuto bellissime storie che meritavano un finale diverso. Chiedo l’assoluzione e prometto che mai e poi mai rinuncerò alla felicità.
La vita è uno spettacolo incredibile.

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