DI GIO LORELEY
Ogni memoria salvata è anche un atto di liberazione, un gesto di speranza che ci permette di affrontare il passato per ridisegnare il nostro futuro.
Nel mio ricordo di bambina, quei libri accatastati per essere bruciati sembravano soldati dimenticati, condannati da un tribunale invisibile.
Ma il trauma non si elimina: si trasmette. Passa nei silenzi, nelle stanze, nei piccoli gesti. Proprio come quella pila di libri che doveva sparire, ma che mi parlava più di mille voci…
Quando penso ai morti di guerra
i miei pensieri sono sterili,
non si posano da nessuna parte
io non c’ero.
Hanno i respiri lunghi delle attese, agli angoli del tempo
restano fermi e freddi,
come nei freddi marmi.
Forse qualche impronta dell’anima tua è chiusa
tra le pagine secche
di questo dizionarietto,
a margine della tua firma sbiadita, ossuta, sopravvissuta.
Un gracile libretto che frugai
alla sommità di un atteso falò.
Ricordo.
Osservavo quel mucchio
con stupore
chiesi di poter prendere
uno dei tuoi cari libri
mi fu naturalmente impedito,
cartacce da buttare,
roba vecchia, via! Vai via!
Fui cacciata come un gatto
che annaspava tra i rifiuti.
Piccola, di fronte a quel monumento di carta
pensai a te,
ti avevano forse atteso invano?
Soldati in attesa di condanna, ammassati, impolverati, pronti per l’esecuzione.
Fu in un attimo,
la mia mano tremante afferrò
dal mucchio questo cimelio,
fu un rapido sfiorare le pagine avvizzite
e tremavo di un’emozione
mai dimenticata.
Avevo tra le mani un pezzo della tua anima
e lo nascosi come meglio potei.
Ti salvai un pochino,
libriccino,
riposto stretto
nella cintola del mio gonnellino.
E ti immaginai tra le nuvole
saltare nell’ora della bomba,
come raccontava mia madre
nel sogno di una nostalgia senza uscita,
in una cantilena sorda
di notti sempre uguali e mute.
Né te né lei,
tua madre,
ho vissuto
se non per mano della materna e dolorante memoria,
così accesa dentro quegli occhi di lacrime mai stanche
quando si trattava di te,
lo zio soldato.
Il fratello buono.
La particola di guerra.
Mi dissero che tua madre
morí di crepacuore,
non tornasti per riordinare
i tuoi libri.
E tu hai vent’anni per sempre.
Immagine tratta dal web
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