Omicidio Yara, Bossetti deve restare in carcere: la decisione della Corte

di Maria Parente

Aveva solo 13 anni, Yara Gambirasio, quando una sera di novembre, una come tante, il rientro dalla palestra si rivela fatale per la sua esistenza: della giovanissima si perdono le tracce.

Nessun avvistamento, nessuna informazione concreta che possa aiutare gli inquirenti nelle ricerche.

Nemmeno le telecamere di sorveglianza del centro sportivo risultano utili nello stabilire con certezza i movimenti della ragazza poiché tutte fuori uso.

Ipotesi, teorie, ricerche senza sosta che chiudono i cerchio delle indagini individuando l’omicida nella persona di Massimo Bossetti, muratore di Mapello, padre di tre figli, sposato con Marita Comi che tutt’ora crede e si batte per l’innocenza di suo marito.

Lei, Marita, non è sola: il pool difensivo di Bossetti, gli Avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, a cui Bossetti ha da sempre riposto la sua fiducia, hanno lavorato sodo, esaminato con accuratezza l’intera vicenda addivenendo alla più equa conclusione di avanzare richiesta per accedere ai reperti del processo ma i giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno negato la possibilità con il rigetto della stessa.

Senza contare che sono state inoltre respinte tutte le richieste degli avvocati formulate in vista di una possibile revisione della sentenza di condanna all’ergastolo che ora si allontana. Da quanto si è capito, i giudici d’assise hanno ritenuto che tutte le questioni sottoposte fossero già state abbondantemente chiarite durante l’interminabile dibattimento.

A proposito, per esempio della traccia 31 G20, la cosiddetta prova regina che raccoglieva il Dna di Bossetti, le parti discussero per oltre 50 udienze e di recente si è scoperto che, analizzata più volte è sostanzialmente esaurita.

Definitivo e irrevocabile il “niet” dalla Corte.

Un epilogo che divide e sotto certi aspetti lascia sgomenti. Yara merita giustizia ed è un assunto imprescindibile ma, ostacolare il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato è come uccidere la giovane per la seconda volta, di riflesso, un uomo accusato ma senza il fondamento di prove schiaccianti a suo carico rischia di trascorrere il resto della sua vita dietro le sbarre pagando, probabilmente, il prezzo di un altro.

E’ una storia amara per la famiglia Gambirasio ma lo è altrettanto per i Bossetti che vivono anni avulsi, circondati da ombre e terribili sospetti, distruggendo l’identità di una famiglia abbandonata a se stessa, che urla giustizia e rimane tutt’ora inascoltata.

Il processo mediatico, d’altro canto, ha amplificato lo spettro di un mostro, un essere disumano che nonostante padre è dipinto diabolico, tale da seviziare e uccidere una ragazza indifesa, che sarebbe potuta essere una figlia per Massimo Bossetti.

Non possiamo certamente giurare sulla sua innocenza ma nemmeno condannarlo ad una “non vita” se non fosse l’omicida: è necessario che si proceda alla revisione dei reperti per la certezza della pena inflitta o del ritorno alla vita di un uomo già ampiamente mortificato agli occhi del cielo e della terra.

da Bluedossier.it

*Immagine pixabay

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