Orme sotto i tigli, le cerco ancora

DI LUCIANA IBI

Piccole impronte di noi bambini, fra quei petali di intenso profumo, caduti a terra.
Si giocava allora, con piccole cose : uno stecchetto per disegnare sulla polvere, biglie di terracotta,  o di vetro, una piuma, raccolta e messa fra i capelli, per imitare i fumetti…

I rumori erano fischiettii di uccelli, canti di passanti, qualche richiamo…
Noi ,chini a giocare, a raccontarci segreti, fra una selva di gambe umane, al circolo, di domenica, nelle pause ascoltavano conversazioni.

Come una storia narrata, le voci descrivevano il fermento di tempi nuovi, commenti su libri letti, ritrovate risate dopo le sofferenze.
C’erano bicchieri colorati sui tavolini, le prime bevande frizzanti e, squisite merende alla marmellata.

Un po’ in disparte, le mamme, con i loro colorati vestiti di papaveri e rose, le forcine fra i capelli, la vita stretta da una cintura, profumavano di violetta e giaggiolo.

Parlavano… sottovoce.
Piccole risate e sguardi su noi bambini, sui loro uomini in camicia e pantaloni della festa, stirati togliendo il ferro dalla brace.
Parlavano di cibo, della nuova permanente, dei soldi risparmiati per la bicicletta che serviva per andare al lavoro…

Nella borsetta mamma teneva il rossetto, il piumino e la cipria in polvere che metteva quando papà non c’era.
A lui, la mamma, piaceva con i suoi rosei colori, la bocca che rideva, bella e spontanea ma, mamma era una femmina, lo adorava, certo …e poi, ribelle, disubbidiva.

Il pomeriggio passava in fretta, là, al circolo, sotto l’ombra dei Tigli.
All’imbrunire si ritornava alle case, mamma e papà a braccetto, noi bambini con le vesti sciupate dai giochi,
correvamo avanti, ridendo.

Sull’uscio nonna Lucia mi attendeva, un sorriso, una caramella di zucchero, il caffè latte con il pane inzuppato.
” Piccola anatrella, quanto hai giocato? Guarda queste ginocchia sbucciate!”
Io ridevo, felice fra le sue braccia materne.
La guardavo seguire con lo sguardo suo figlio, mio padre, sulle labbra un sorriso…

A letto, con le finestre spalancate sulle stelle, prendeva le mie mani fra le sue e, sottovoce mi esortava a pregare : “Signore Iddio, ti ringraziamo di averlo fatto tornare”.
Non capivo, allora, quel suo ripetersi sempre, ogni sera, prima di dormire.
A me la guerra era stata risparmiata, vivevo in un mondo d’amore, venuto dopo e, i miei giorni coloravano di fiaba.

Le cerco ancora…
le loro ORME.

©® Copyright foto di Luciana Ibi

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