DI VINCENZO SODDU
Più si va avanti in questa strana fase della pandemia, più Milano ne diventa il simbolo.
Ieri ho assistito a un tristissimo servizio sul crollo del commercio nella capitale lombarda, che è poi anche la capitale economica italiana.
Negozi chiusi, cantieri interrotti, arresto irreversibile dei flussi in entrata. Ma quello che mi ha più impressionato è stato vedere la rassegnazione, la tristezza, il panico negli occhi e nelle parole dei commercianti e degli imprenditori milanesi. In quasi sessant’anni mai mi era capitato. Mi è parso un orribile schiaffo, il più beffardo, alla categoria alla quale un po’ tutti ci aggrappavamo per nutrire ancora qualche speranza nel futuro.
Mentre scorrevano le immagini di una città deserta, mi è venuto da rimpiangere persino il ricordo pacchiano della Milano da bere, così assordante eppure così vivo, e mi sono scoperto a urlare “passerà, passerà, mi sentite?”, ma le parole degli intervistati continuavano a scorrere pesanti come pietre verso un’uscita buia e invisibile.
La crisi dell’economia e del commercio milanese non è solo quella del dettaglio, ma anche quella della grande distribuzione, che dovrà rivedere giocoforza le sue strategie di espansione e di sviluppo. Ma è anche la crisi della società, che in gran parte se ne giovava, pur soltanto grazie a contratti part time. E che ora denunciano una condizione di nuova povertà.
La stagione del Covid è anche questo, e accanto al necessario spirito di sacrificio volto a superare il rischio del contagio, è necessario attivare anche soluzioni più profonde per evitare una crisi ancora più grave, quella economica.
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