Passare oltre per vedere altro

DI PINA COLITTA

E anche quest’anno siamo arrivati ai giorni, appena trascorsi, dedicati alla Settimana Santa che si
concludono con la Pasqua e con l’evento della resurrezione.

Mai come quest’anno lo guarderei
come un evento simbolico e soprattutto con un profondo significato. Come potrebbe non esserlo!
Stiamo vivendo momenti molto complessi, per via della pandemia,
dalla quale purtroppo ancora non ne usciamo, per non parlare poi della dolorosa situazione di
guerra.

Ed è proprio in tale prospettiva che ho sentito di voler fare questa riflessione dando però alla
Pasqua un significato, direi “psicologico” o meglio per non appropriarsi di competenze non mie
” introspettivo” .

La Pasqua, come ben sappiamo vuol significare etimologicamente, “passaggio”; un passare oltre,
proprio in memoria del passaggio dell’ Angelo sterminatore in terra ebraica, ma anche in memoria
del passaggio dal deserto della vita alla vita Celeste.

È proprio in questo significato di passaggio
che esiste comunque un’accezione introspettiva e anche psicologica nel “passare”. Solo e
solitamente nella Pasqua e nel periodo Pasquale si ha la possibilità di riflettere su cosa significa per
noi “passare oltre” soprattutto quando bisogna si, passare oltre, ma anche quando, invece bisogna
rimanere.

Il passare oltre è legato soprattutto ad un torto subito o ad una ferita subita. In alcune
situazioni della vita ci possono essere tante esperienze che hanno ferito, tante persone che hanno
ferito, tante parole dette o non dette che hanno ferito. E quindi? Semplicemente si crea un
accumulo di traumi e ferite che permangono nelle nostre vite e che influenzano inevitabilmente il
nostro essere.

Nel quotidiano, molti episodi della nostra vita si sono trasformati, a volte, in ferite e
quindi è capitato che ci si senta trafitti da una parola o da un evento proprio come questo Cristo è
stato trafitto da una lancia al costato. Quante volte ci si è sentiti avvolti da una corona di spine,
intrappolati nel dolore, che ha impedito di vedere chiaramente le cose?

Tante volte, così come
tante volte si è pronunciato l’espressione, per una situazione difficile “ognuno ha la sua croce”
provando la sensazione addirittura di essere crocifissi ad essa per una punizione o un pesante
fardello da portare.
Cosa si può fare di fronte ad una ferita dell’anima?

È chiaro che esistono diverse risposte e per
esempio una di queste si può trovare nella mitologia Cristiana in cui si racconta che per ben tre
giorni Cristo è stato lì, agonizzante, prima di passare oltre la morte…
Per quale ragione? Ma soprattutto cosa fece Cristo in quei giorni? Diciamo che, a tal proposito,
vengono raccontati episodi biblici diversi, per i quali Dio punisce o salva qualcuno in quei tre giorni
come se questi tre giorni fossero stati il tempo giusto nel quale si debba soffrire.

Per rinascere
quindi, non alla lettera ovviamente, bisogna pensare a questi tre giorni utili per passare oltre.
Anche il numero “3” nel suo significato simbolico è sempre importante e deve essere visto come
“l’immagine da vedere in trasparenza” secondo Hillman.

Il numero “3” di fatto ha un significato
importante infatti, secondo l’apostolo Tommaso, in quei tre giorni si transita nel mondo
dell’inferno, ovvero nel limbo dove è qui che accade qualcosa di molto interessante.
È bene ricordare che nel limbo la guida spirituale del sommo poeta Dante è stata Virgilio e che
dalla lettura Infatti della Divina commedia si può estrapolare un modo per relazionarsi alle nostre
ferite per passare oltre.

Lo dice lo stesso Dante con l’espressione “non ragioniam di loro ma
guarda e passa” o meglio lo dice Virgilio a Dante. La Pasqua è proprio questo, guardare oltre e
passare.
Il guardare è una tappa necessaria perché non si può ignorare un evento traumatico doloroso,
non si può ignorare nelle piccole azioni quotidiane, nelle grandi svolte della nostra vita.

L’evento
traumatico ignorato come ci ha insegnato il grande Freud riemerge sotto forma di un sintomo,
sempre!
Ecco perché l’evento traumatico va guardato che significa letteralmente ” va messo in guardia”
Questo, infatti, etimologicamente, significa il verbo guardare. Ecco perché un evento traumatico
bisogna capirlo e essere pronti a riceverlo di nuovo, con le giuste difese e poi bisogna passare
oltre, andare oltre, non fermarsi all’interno della ferita perché questo atteggiamento chiaramente
fa sprofondare nell’ evento stesso e fa portare ad un infezione della ferita troppo sollecitata.

La mitologia Cristiana ci permette di identificare i tre passaggi della relazione con la nostra verità
interiore: quando si viene feriti bisogna vivere la nostra Pasqua, quindi è necessario morire per
quella ferita e sostare nel mondo degli inferi per tre giorni. Ovviamente il mio è un discorso
simbolico riferito al mondo delle immagini psichiche.

E allora per esplorare la ferita e infine
passare oltre e, magari, abbandonare completamente tutto ciò che ha portato la nostra
sofferenza, durante la nostra Pasqua, si potrebbe incorrere nel pericolo di perdersi.
In che senso vi chiederete?

Perdersi nella possibilità di morire di quella ferita proprio rimanendo
chiusi o bloccati all’interno di un sepolcro personale, trasformandolo in un altare da consacrare
ciclicamente.
In tal modo si potrebbe rimanere troppo tempo nel mondo degli inferi smarrendo la via del
passaggio.

Ma c’è anche un’altra ipotesi quella per cui rimanere troppo poco potrebbe invece significare far
finta di esplorare la propria ferita. A questo punto della storia si fa chiarezza a proposito della
necessità di questi tre giorni di cui si racconta. I famosi tre giorni, i famosi tre giorni di agonia di
Cristo, simbolicamente rispondono a tre passaggi che sono necessari viversi di fronte ad una ferita
dell’anima.

Nella pratica esistenza non bisogna mai aver paura nell’attraversare la nostra Pasqua,
che è una pasqua fatta di grandi sofferenze, ma anche di una luminosa resurrezione!
Vi lascio a questi giorni di festa, che siano anche di riflessione e di vicinanza per chi festa non è,
per chi è solo, per chi è lontano dai propri cari, vittime di un conflitto, per coloro che sono i veri
“cristi” di oggi.

Vi lascio recitando le parole del mio amico Young ‘Cristo non ha portato la sua
croce e subito la crocifissione affinché noi potessimo evitarla egli ha mostrato come ognuno di noi
porterà la croce del proprio destino” ed aggiunge “dovete essere lui stesso non cristiani ma cristi
altrimenti non sarete pronti per il Dio che verrà”

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