PECCATO CHE LA SANTA CECILIA DI PERUGIA NON SIA DI ARTEMISIA

DI VANNI CAPOCCIA

 

Con la sua arte Caravaggio investì l’arte europea dell’inizio del ‘600 come uno tsunami, la sua vita randagia non gli consentì di diventare un caposcuola e l’ondata si ritirò presto dopo la sua morte, eppure ebbe un imponente numero di seguaci in tutta Europa tra i quali l’amico, almeno per un periodo, e più adulto Orazio Gentileschi.

Di Gentileschi la Galleria nazionale dell’Umbria espone una santa Cecilia che suona la spinetta che mi ha sempre colpito: per la santa che suona e contemporaneamente ascolta la musica che l’angelo le suggerisce, per il suo essere contemporaneamente manierista e realista con il cangiante rosso arancio del vestito e la manica destra tirata su e legata al vestito da fettucce che fa pensare a una situazione domestica nella quale il divino invade la vita d’ogni giorno, per le ghirlande di fiori in testa a Cecilia che ricordano gli angeli del Bonfigli che sicuramente né Orazio Gentileschi né sua figlia Artemisia avevano mai visti.

Perché Artemisia? Perché per un lungo periodo il quadro perugino è stato attribuito a lei. L’attuale attribuzione al padre è giusta, il realismo di Caravaggio stemperato dalla calma espressiva e dall’armonia dell’impianto è tipico del maestro fiorentino e poi l’angelo e la santa Cecilia sono praticamente identici all’angelo e alla Madonna di Orazio Gentileschi ne “La visione di santa Francesca romana” a Urbino. Tuttavia dispiace che non ci sia più scritto Artemisia Gentileschi nella targhetta che accompagna il quadro; con quella ricordando lo stupro che la pittrice aveva subito da Agostino Tassi e il coraggio mostrato nell’affrontarlo santa Cecilia irradiava più luce e sembrava più vera.

Il dipinto la violenza sofferta da Artemisia Gentileschi la riporta alla mente anche ora, ma lo fa dalla parte del padre, di un maschio, e ha perso quella luce calda che diffondeva prima nel mondo reale. Perché i quadri con il bagaglio d’esperienze, conoscenze e verità che li accompagna e cresce periodo dopo periodo non sono oggetti neutri, vivono anche dei nostri stati d’animo in risposta a essi, nelle emozioni e turbamenti, in questo caso vicinanza e avversione insieme, che suscitano in noi.

(Foto Galleria nazionale dell’Umbria)

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