Philippe Claudel, Il Rapporto

DI MARIO MESSINA

Quello di Claudel è un romanzo di grande respiro e di notevole peso specifico.
Un libro che prende le mosse, apparentemente, da una vicenda individuale ma che ambisce, nei fatti, a diventare paradigmatico travalicando i confini di tempo e spazio.

Brodek, il protagonista, è chiamato a redigere dai maggiorenti della sua comunità un “rapporto”, da cui deriva, appunto, il titolo.
Un resoconto, cioè, che cerchi di dare una parvenza di razionalità ad un fatto di sangue che li ha visti coinvolti e protagonisti.

Tutti meno lui, il redattore.
Che sin dall’incipit del testo prende le distanze: <<Mi chiamo Brodek e non c’entro niente. Ci tengo a dirlo. Bisogna che tutti lo sappiano. Io non ho fatto niente […]>> (pag.1).
Il termine rapporto, nello svolgersi della narrazione, diventa, così, polisemico. Da “resoconto” a “relazione” del protagonista con la sua comunità.

L’ Altro, colui che viene da fuori, rappresenta la Novità, il Male e, pertanto, va ucciso. Questa comunità è, però, realmente un guscio protettivo? Merita tale lavoro di giustificazione?
La risposta a questa domanda non può che venire dal sacrificio che viene richiesto al redattore stesso. Rinunciare alla memoria. Non coltivarne il vizio.

<< E’ ora di dimenticare, Brodek. Gli uomini hanno bisogno di dimenticare>> (pag. 279).
Questo, paradossalmente, lo si chiede, però, proprio al Brodek sopravvissuto ad un Lager. A colui che vi è stato mandato perché sacrificato da quella stessa comunità che adesso lo interpella.
Da coloro che hanno dato in pasto all’esercito tedesco occupante tre donne e la sua stessa moglie.

Claudel con maestria dipinge queste cupe atmosfere accompagnandoci lungo questa nuova presa di coscienza del protagonista.
Lui non può giustificarli. Non vi è un Altro cattivo e un Noi buono. Il Male è destinato a perpetuarsi se non si ammettono le proprie responsabilità individuali.

Una comunità che non ammette i propri crimini sarà destinata a perseverare.
La piccola patria (che accompagna dio e famiglia) sarà sempre pronta a sacrificare uno dei propri figli in nome di una presunta integrità da tutelare.

Brodek e la moglie lo sanno, lo hanno provato sulla propria pelle e non intendono più volerne correre il rischio.
In un romanzo in cui vi è una delicata simbologia religiosa (il Brodek già dato per morto e risorto dal lager, la continua ricerca di “eliminazioni” purificatorie) il protagonista, già “ucciso” una volta dalla sua comunità, maturerá la convinzione che morire sulla croce proprio non ha senso perché, per giocare coi Vangeli, “Padre Loro sapevano perfettamente quello che facevano”.

Immagine tratta dal web

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità