Profilo falso sui social: quando si configura come reato?

PROFILO FALSO SUI SOCIAL
Chi di noi non ha sentito parlare di profili “fake” su Facebook o su Instagram?
Nella maggior parte dei casi essi sono assolutamente innocui (per quanto irritanti), essendo magari un semplice mezzo attraverso il quale un/una nostro/a ex, piuttosto che un vicino di casa particolarmente impiccione o gli stessi nostri amici, cerchino (a nostra insaputa) di spiare i nostri post, i nostri messaggi in bacheca, i nostri contatti, tutto ciò che insomma ci riguardi, in modo perfettamente anonimo. Tuttavia, vi sono casi in cui questa prassi, apparentemente innocente, in realtà ha rilevanza penale.

Le casistiche possono essere fondamentalmente due: profili totalmente falsi, non riconducibili ad alcun soggetto esistente, profili creati con foto e dati di persone realmente esistenti.
Nel primo caso non si configura alcun reato, in quanto l’utilizzo di dati palesemente falsi (che non trovano alcun riscontro nella realtà) da parte del soggetto agente per la creazione di un profilo “fake” non va a ledere la sfera giuridica di alcun soggetto passivo potenziale (es: si crea un profilo intitolato “Velociraptor”, nato nel “Cretaceo Superiore”, residente in “Mongolia”).
Ben diversa è la seconda ipotesi: qualora, infatti, si dovesse creare un profilo falso utilizzando foto e/o dati personali di un individuo realmente esistente, si andrebbe senza dubbio a ledere l’identità della medesimo.
Tale condotta è prevista e punita dal reato di sostituzione di persona, di cui all’art. 494 c.p., che punisce con la reclusione fino a 1 anno chiunque, “al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”.
Dello stesso avviso la Suprema Corte, che si è recentemente espressa in merito, affermando che l’utilizzo abusivo dell’immagine di una persona “del tutto inconsapevole, associata ad un nickname di fantasia ed a caratteristiche personali negative” integri appieno il delitto di sostituzione di persona (in tal senso si veda Cass. pen. n. 25774/2014).
Occorre peraltro specificare che, naturalmente, qualora, per il tramite del profilo falso, il soggetto agente dovesse decidere di iniziare non solo a spiare, ma anche a tormentare la persona offesa, ad esempio con continui messaggi, commenti in bacheca o utilizzando le foto dello sventurato per operazioni di pubblico ludibrio sui social, si configurerebbero senza alcun dubbio i reati di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis c.p., nonché di diffamazione, di cui all’art. 595 c.p. (reati già trattati in passato, a cui si rimanda per approfondimenti).
L’invito, in tutte le casistiche sopra citate, è quello di rivolgersi alla Polizia Postale, affinché possa intervenire efficacemente per l’individuazione dei responsabili
Fonti normative: art. 494 c.p.; Cass. pen. n. 25774/2014; art. 612 bis c.p.; art. 595 c.p.
da l’angolo del diritto penale
*Immagine pixabay

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