Quando le vacanze sapevano di cotoletta panata

di Chiara Farigu

Quando ero piccola io le vacanze erano solo quelle relative alla chiusura della scuola. Mio padre, uomo dai mille mestieri per mandare avanti la famiglia, non conosceva la parola ‘ferie’.

Non ne aveva diritto, almeno nel senso che le viene attribuito dalla costituzione e dai vari statuti dei lavoratori.

Tuttavia ne percepiva l’importanza, almeno per noi figli. Così, una o due volte la settimana si partiva per il mare. Un lusso a quei tempi, per chi viveva nei paesi dell’interno di un’isola come la mia. Mia madre di buon mattino cucinava le fettine panate da consumare in spiaggia e gli immancabili ‘mallereddus alla campidanese’ perché un piatto di pasta non doveva mancare mai. Tantomeno al mare, dove il cambio d’aria, stimolava l’appetito.

Acqua, vino e frutta completavano il menù della gita. Poi partenza, destinazione Cagliari, spiaggia del Giorgino, meravigliosa a quei tempi. Sabbia bianchissima, acqua cristallina e macchia mediterranea tutto intorno a fare da cornice.

Mio padre mia madre e mio fratello più piccolo in vespa, la macchina era appannaggio dei ricchi e noi non lo eravamo. Io e mio fratello più grande in pullman (l’autista era un amico di famiglia) sapeva dove farci scendere. La fermata era segnalata da un cartello che pubblicizzava la nota marca di un lanificio di quegli anni, fine anni ’50 primi anni ’60.

Da quel momento in poi cominciava la libertà. Di correre, ridere, giocare spruzzarci l’acqua l’un l’altro. Per i miei genitori vederci felici era la gioia più grande. Loro cercavano riparo sotto l’ombra di un pino marittimo ricurvo dallo sferzare del maestrale, tipico del nostro paesaggio. L’ombrellone sarebbe arrivato anni dopo. Allora ci si arrangiava con quel che si aveva, cioè poco. Ma a noi bastava. Perché sapevamo di essere dei privilegiati rispetto a nostri vicini di casa che osservano con non poca invidia le nostre escursioni.

Per merenda si mangiavano gli avanzi del pranzo, quelle fettine surriscaldate dal sole ci sembravano ancora più appetitose di quelle consumate a pranzo. La pelle arsa dal sole che picchiava senza pietà era lo scotto da pagare per quei momenti di libertà. Indimenticabili. Unici. Cosi diversi dalle vacanze odierne. Dove si ha di tutto e di più e chissà perché si è sempre alla ricerca di qualcosa che non c’è. Col broncio sempre stampato e con lo stress a mille che neanche l’aria di mare riesce a lenire.

*Immagine web

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche