Quei lividi che non ho mai contato, ma che ricordo tutti

DI GIOVANNI DE LUCIA

Così per caso, mi sono trovato a leggere e sentire uno dei miei tanti graffi che porto addosso e stranamente sotto queste quattro gocce di maggio, davanti al mio mare, ho invocato l’arcobaleno.

Un cocktail incredibile, tre schizzi di spuma, un velo di carta da zucchero, un calice di rosato, cinque lacrime di stupore e la speranza di te. Così mi sono ritrovato brillo su questa rena, con questi righi tra le dita:

“Non dimenticherò un solo giorno, perché ogni giorno l’ho accarezzato e l’ho abbracciato. Ho attraversato le strade più impervie e dure, pur di esserti vicino. Volevo recuperare una vita, riavvolgendola come un film per poi proiettarla quotidianamente quasi a voler smussare i troppi spigoli, ad attenuare il suono di troppe lacrime.

Quaranta gradini corsi troppo in fretta, come gli ultimi verso il cielo. Lividi? Non li ho mai contati ma li ricordo tutti. Non manca uno solo di quei giorni all’appello di ogni notte. La vita la si può percorrere da soli, in due, in troppi. Io l’ho vissuta guardando il sole, annusando il desiderio di libertà ovunque.

Oggi questo fardello di ricordi pesa come un macigno, eppure so che non dimenticherò un solo giorno e so che questo mi farà star male.

Non voglio più guardare il sole e per questo mi cavo gli occhi, non voglio più cantare canzoni e per questo mi strapperò la lingua. Regalo l’anima alla mia ombra. Non ti amerò meno e non ti amerò più.”

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