Quella stretta sul braccio

DI CARLO MINGIARDI

Me la ricordo come fosse ieri, certe cose non si dimenticano mai, rimangono scolpite nella memoria, attaccate come un’edera al tronco dell’albero.
Me la diede mio padre tanti anni fa.

Posso dire con estrema certezza di avere solo bei ricordi di lui, è stato un buon padre, una guida sicura, il suo punto di vista sulle cose era sempre equilibrato, sapeva trovare la soluzione giusta ad ogni cosa, severo quando era necessario da buon maresciallo dell’esercito, però sempre prodigo di buoni consigli.

Lo devo ringraziare di tante cose: per ogni abbraccio che mi ha dato, per avermi voluto sempre bene anche se le discussioni tra noi non sono mai mancate, per la gioia che vedevo nei suoi occhi quando lo rendevo orgoglioso, per tutte le volte che l’ho deluso è ha saputo perdonarmi, per tutto ciò che mi ha insegnato ed è stato tanto, per esserci stato sempre fino all’ultimo, per avermi protetto in qualsiasi occasione c’è stato bisogno.

E’ difficile parlare di un padre, perché hai in mente un milione di cose che vorresti dire, ma ti si accavallano troppi pensieri.
Però mi viene facile parlare di quella stretta sul braccio.

Eravamo in ospedale perché le sue condizioni erano peggiorate parecchio, reparto medicina, stanza con altre cinque persone, due delle quali erano mie conoscenze: il padre di un mio carissimo amico e un carpentiere che aveva lavorato in un mio cantiere.

Anche se non fa parte del mio carattere, facevo un po’ il mattacchione con tutti per cercare di tenere il morale alto, ero seduto sul letto accanto a lui e lo avevo di spalle, stavo raccontando una barzelletta quando mi sentii stringere il braccio con affetto, mi girai e vidi la sua faccia sorridente e piena di soddisfazione, il suo sguardo sembrava che dicesse: “questo è mio figlio…”, lessi nella sua espressione tutto l’amore che un padre può avere per un figlio.

Ricordo che feci una fatica enorme a trattenere le lacrime.
Quella sera stessa mi telefonarono dall’ospedale per avvisarmi che mio padre era stato trasferito in terapia intensiva per l’aggravarsi della situazione, non potei più stargli vicino, lo potevo solo vedere da una vetrata per pochi minuti, il giorno successivo se n’è andò via.

Quella stretta amorevole al mio braccio fu l’ultima cosa che lui fece per me.

Immagine tratta dal web

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