Radio Story: le prime emittenti libere? Nei posti più disparati e con pochissimi materiali

di Enzo Mauri (speaker radiofonico)

Le prime emittenti possedevano tutte, o quasi, le medesime caratteristiche tecniche: un trasmettitore autocostruito o militare riadattato reperibile dai cosiddetti “surplussari” con magazzini interi pieni di materiale bellico, due giradischi portati da casa, un mixer artigianale, una piastra di registrazione a cassette o nel migliore dei casi a bobine, l’immancabile microfono.

Le sedi erano le più disparate: soffitte, cantine, appartamenti veri e propri con la scarsa attrezzatura collocata in camera da letto o in cucina, non di rado capitava che davanti ai microfoni nell’arco della giornata sfilassero intere famiglie. Il fenomeno interessò anche il movimento cattolico, le chiese destinarono alcuni locali alle stazioni radio valutando quella nuova mania come utile strumento d’aggregazione.

Una volta che l’onda d’urto si propagò in tutta la sua veemenza favorita da una quasi totale mancanza di regole, nel FM scoppiò il caos, le emittenti nascevano come funghi, bastava spostarsi di pochi chilometri per perdere il segnale di una e ricevere quello di un’altra che magari trasmetteva sulla stessa frequenza, disturbando le trasmissioni della prima.

Facile come in un simile contesto, entrasse in vigore la legge del più forte: le radio con trasmettitori più potenti ebbero la meglio sulle deboli, il turn over era pressoché’ continuo.

Nei primi mesi dopo la sentenza del 28 luglio se ne contavano sul territorio nazionale già 150, secondo un’indagine Rai a inizio ’76 erano diventate 580, durante il 1977 da 1000 si era passati a oltre 1500 emittenti censite, alla fine del 1978 il numero aveva raggiunto quota 2686 un anno dopo erano già 3275.

Un sondaggio del Ministero delle Poste indica in 4200 le emittenti attive sul territorio nazionale nel 1984.

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