Prato di viole
prostrate sotto il vento:
profuma marzo
di ricordi perduti.
Giorni nei quali,
oltre i confini urbani,
la recinzione
lungo la ferrovia
interrompeva
l’orizzonte dei campi;
mio padre chino
scalzava col coltello
il tarassaco
ancor senza boccioli,
per l’insalata.
Io coglievo le viole
dal lungo stelo
facendone mazzetti
per la mia mamma,
che teneva da parte
vecchi bicchieri,
o sbeccati o spaiati,
ove riporle.
Di ricordi smarriti
profuma il vento
e più non colgo viole
che con lo sguardo,
cercando di legarle,
con la memoria,
ai giorni dell’infanzia.
Ad occhi chiusi
ne sento la fragranza
sottile e dolce
e, per un breve istante,
sento mio padre
ripetere che solo
van colte quelle
che hanno un lungo stelo.
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