Sandro Botticelli, Compianto sul Cristo morto

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

La straordinaria ammirazione che si riesce a provare al cospetto de La nascita di Venere, di Sandro Botticelli, non prescinde tuttavia dalla intrinseca, latente malinconia comunicata dall’opera.

Una malinconia realmente botticelliana, sempre presente, via via più evidente, sottolineata dallo sguardo di una dea che non è chiamata a trascinare il mondo in una nascita trionfale apoteosi dell’amore, al contrario ha coscienza della caducità delle cose e presagisce una fine imminente, desumibile da tanti dettagli del quadro, apparentemente non così determinanti, data la cattura dello sguardo dal corpo sinuoso della protagonista, ma impossibili da ignorare, soprattutto osservandola non superficialmente.

Naturalmente c’è un motivo, comprovato dai fatti storici che si susseguono nel periodo, e nel luogo, in cui vive l’autore: la grande crisi dei valori, pressoché imminente, continuamente ricordata da quel Girolamo Savonarola il quale, dal pulpito di Santa Maria del Fiore, e di ogni chiesa in cui si trovava a predicare – pare che a Firenze non si trovasse una chiesa abbastanza grande da ospitare tutti coloro che desideravano ascoltarlo.

Sia i Piagnoni, suoi seguaci, che avevano l’abitudine di piangere nell’ascoltare le sue prediche, sia gli Arrabbiati, suoi contestatori, i quali erano soliti alterarsi quando dava in escandescenze – faceva sentire con prepotenza la sua voce – e non è un modo di dire: i Piagnoni irrompevano anche nelle case private, rapinando opere d’arte, quadri ed altri preziosi, connotati, ai loro occhi, di simbolica dissolutezza, per poi bruciarli in piazza tra canti e grida di vittoria – in particolare, senza alcuna remora, attaccando direttamente il Papa in carica, Alessandro VI, accusato di essere un simoniaco, un miscredente, un assassino e un nepotista, oltre ad un delinquente dedito a comportamenti, in fatto di rapporti col sesso femminile, non certo consoni alla propria qualifica.

Tutte cose vere, sia chiaro, come ricorda Luciano De Crescenzo nel suo magnifico tratteggio del frate integralista, nel libro Storia della filosofia moderna, ma esternate con tale veemenza e mancanza di diplomazia da comportare le conseguenti scomunica e condanna all’impiccagione.

Botticelli è profondamente colpito da questi fatti, e tale contesto finisce per esasperarne l’inquieta sensibilità. È nel 1495, in pieno periodo di Savonarola, manifestamente visibile, che egli realizza il Compianto sul Cristo morto con i santi Girolamo, Paolo e Pietro, attualmente collocato presso l’Alte Pinakothek di Monaco.

Un dipinto simile e al contempo dissimile da La Calunnia, realizzato nel medesimo momento storico, in cui l’artista coniuga l’espediente visivo della coinvolgente narrazione, snodata e svolta attraverso una concatenazione di atti fluidamente composti, ad alcune presenze retrostanti, in questo caso i tre santi presenti, tutto sommato non particolarmente funzionali alla trama, ma come specificato in diversi commenti sull’argomento, presenti a scopo esclusivamente devozionale.

Se nel Seicento, Bernini, consapevole dell’importanza acquisita all’epoca dal teatro, deciderà di rappresentare la discussa Estasi di Santa Teresa – poi linguisticamente rimodulata e corretta in Transverberazione, al fine di non urtare sensibilità e autorità – al cospetto di un vero e proprio palchetto teatrale in cui si accomoda la famiglia committente di turno – in quel caso i Cornaro, i quali conversano e commentano amabilmente, tra loro, la scena – Botticelli, già alla fine del 1400, crea e propone letteralmente un pubblico di presenti, i quali tuttavia non sono destinati a prendere parte attivamente alla scena.

Eppure Botticelli, pur soggiogato dall’opprimente, costante presenza dell’implacabile frate, non riesce in toto a sopprimere la propria originaria indole di antichità pagana.

Come evidenziato anche in diverse analisi dell’opera, il cosiddetto entusiasmo religioso di Savonarola domina la composizione, ma permangono alcuni elementi, palesemente impossibili da sopprimere nell’animo dell’artista, che emergono non tanto con prepotenza, ma probabilmente in parte soffocati dal forte sentimento di coinvolgimento religioso, si mostrano caparbiamente presenti, quand’anche politicamente celati entro un contesto più consono alla nuova mentalità acquisita.

Il Cristo, di mitologica bellezza, appare sinuosamente scolpito nonché sbarbato, effettivamente più simile ad un eroe greco che al salvatore deposto, ma la sua immagine appare riveduta e corretta secondo quell’idea di fondo ormai pressante e insostituibile.

Una particolare menzione, inoltre, per la suprema maestria con cui l’autore, in quest’ultima parte del suo percorso artistico, rende il tessuto dei veli, la cui trasparenza, raggiunge livelli realmente apodittici…

Sandro Botticelli (1445-1510), Compianto sul Cristo morto con i santi Girolamo, Paolo e Pietro, 1495 c., tempera su tavola, 140×207 cm., Monaco – Alte Pinakothek
Immagine: web

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