#Scuola: come tutelare la salute dei docenti affetti da disturbo psichiatrico senza cadere in errore (III puntata)

di Vittorio Lodolo D’Oria

Nei due articoli precedenti  QUI  e  QUI abbiamo analizzato sei casi in cui il dirigente scolastico si è trovato di fronte a serie problematiche sanitarie dei suoi insegnanti.

Ne esaminiamo ora altri due altamente istruttivi.

Ricordiamo che, tra le molte incombenze medicolegali spettanti al capo d’istituto, vi sono situazioni particolarmente difficili dovute anche alla mancanza di un’adeguata formazione istituzionale a riguardo, fin dalla sede concorsuale.

Abbiamo sottolineato che, in caso di Accertamento Medico d’Ufficio (AMU), la situazione è particolarmente delicata soprattutto perché il docente potrebbe non concordare con la misura disposta dal preside e subirla, obtorto collo, cercando di sottrarvisi rischiando il licenziamento alla seconda convocazione cui fa oppone un’ulteriore assenza ingiustificata.

Di seguito presenteremo ulteriori casi reali di insegnanti affetti da un disturbo psichiatrico importante al fine di valutare l’adeguatezza del comportamento del preside nei loro confronti, soprattutto nella stesura della relazione ex-art. 15 DPR 461/01.

Al termine di ciascun caso ci porremo una domanda cui dare una risposta motivata. L’obiettivo che ci proponiamo non consiste perciò nell’analizzare compiutamente l’episodio occorso al docente ma nel rispondere esaustivamente al quesito specifico sull’operato del dirigente scolastico.

Caso I

Il dirigente scolastico invia ad AMU una sua docente e scrive alla CMV la relazione di rito (ex art.15 DPR 461/201). Di seguito un significativo estratto.

La professoressa MM è arrivata qui per trasferimento da altro istituto presso il quale aveva svolto il servizio di bibliotecaria, perché, su disposizione della Commissione Medica, era stata dispensata dall’insegnamento. In questo breve periodo di servizio, la professoressa ha evidenziato problemi di carattere disciplinare e pessimi rapporti con i docenti, con un comportamento, definito dagli stessi colleghi “assillante, insistente ed ossessivo”. Risulta incapace di controllare i ragazzi e tenere la disciplina con conseguenze per l’incolumità degli alunni.

Dall’inizio dell’anno scolastico, che è cominciato solo da un mese, segnalo che MM:

  1. non si è presentata al Collegio d’inizio d’anno in quanto soggetta a ricovero per Trattamento Sanitario Obbligatorio;
  2. ha valutato con lo stesso voto (nove) tutte le versioni di latino compresa quella inesistente di un alunno assente;
  3. è stata oggetto di una segnalazione da parte di una collega che riferisce di uno strano atteggiamento di MM, la quale si aggirava nell’atrio durante le ore di lezione – anziché essere in classe – ripetendo ossessivamente la frase “Domani entro alla seconda ora poi porto la classe in assemblea”;
  4. risulta essere stata nuovamente ricoverata in ospedale;
  5. non ha ancora avviato il programma didattico con le classi a lei assegnate.

Da quello che ho potuto constatare di persona, la docente, da settimane, si è sempre più chiusa in se stessa, dimostrando grave disagio nelle normali e quotidiane relazioni col prossimo. Ciò a mio parere mortifica e non aiuta la docente.

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Risposta: In realtà vi sono più segnali allarmanti: avere pessimi rapporti con tutti (colleghi, dirigente, collaboratori); non aver ancora avviato il programma con gli studenti; assumere comportamenti strani come l’assegnazione di voti “alti” uguali a tutti i ragazzi (assenti inclusi); strani (senza un senso logico) atteggiamenti coi colleghi. L’insieme di queste manifestazioni giustifica certamente l’AMU richiesto dal capo d’istituto.

Caso II

Il dirigente scolastico invia ad AMU una sua docente e scrive alla CMV la relazione di rito (ex art.15 DPR 461/201). Di seguito un significativo estratto.

“…ho richiesto più volte la visita medico-collegiale in quanto convinto che il caso di SA non sia trattabile a livello disciplinare. Si tratta di comportamenti che hanno un’origine non tanto in una volontà di violare alcune regole o doveri professionali, ma in una patologia mentale: l’insegnante è intimamente convinta di essere chiamata a combattere contro l’ingiustizia e per queste sue battaglie è disposta a tutto. Vive e rifiorisce solo se tutti la trattano come pecora nera, diffida di chi cerca di aiutarla. Non può mai fermarsi perché nuove cause, nuove denunce la sospingono. Le stesse sanzioni disciplinari nella loro esasperante ritualità di deduzioni e controdeduzioni, ricorsi e audizioni in qualche modo la gratificano permettendole di attivarsi, mal assistita dal suo avvocato, in denunce che spesso raggiungono tutti senza sortire effetto alcuno. In nove anni non ha saputo presentare un solo ricorso gerarchico o amministrativo sia per il trasferimento d’ufficio, sia per le varie sanzioni disciplinari subite…”. Dopo aver sostenuto che si tratta di caso da valutarsi in Collegio Medico, il dirigente esasperato afferma di “… non ritenere possibile perseguire la strada della dispensa dal servizio per inidoneità all’insegnamento” e chiede “sanzioni disciplinari adeguate per i comportamenti di SA, tenuto conto che vi è anche l’aggravante della recidiva”.

Domanda: il dirigente, esasperato, opta per una sanzione disciplinare. Cosa non torna nel comportamento del preside?

Risposta: il capo d’istituto fa due errori. Nel primo afferma che la docente è affetta da “patologia mentale” pur non potendolo fare in quanto non possiede titoli e competenze. Nel secondo contraddice quanto dichiarato in apertura di relazione (“…sono convinto che il caso non sia trattabile a livello disciplinare…”). Questo è il tipico caso che richiede la sospensione cautelare in attesa della visita in CMV ai sensi del DPR 171/11. (FONTE: OrizzonteScuola.it)

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