Scuola. E’ come se da sempre avessimo lavorato in DAD

DI VINCENZO SODDU

Dopo appena una settimana di lezione ho avuto una vivace discussione con la mia nuova classe di brillanti polemisti.
“Professore, se chiudono le discoteche, devono chiudere anche le scuole…”
“E perché, non ti pare che le scuole siano più importanti delle discoteche?”
“Ma a scuola ci si va in autobus, e gli autobus sono tutti pieni…”
“A parte che anche in discoteca ci si va in autobus, non ti pare che il problema stia nella gestione degli autobus e non nella scuola?”
“Ma…”
Ma, ma, ma, ma.
Certezze inconfutabili contro dubbi dialettici. Una battaglia aspra.
Però mi ha tenuto testa.
Dovrò tenerla d’occhio, la giovane ragazza senza dubbi.
Finché siamo a piede libero.
Già. E poi un Dpcm alla settimana è troppo, spinge verso il lockdown. I numeri sono alti, è vero, ma la società sta reagendo bene. La scuola, anche a detta della Politica, è il luogo più sicuro, e il problema dei trasporti non può diventare il pretesto per rimangiarsi le più sincere convinzioni.
Decidere per forza è una tentazione diabolica, e chiudere i locali un’ora prima della settimana precedente o passare dalle società amatoriali a quelle dilettantistiche per sancirne la chiusura, rischia di diventare una misura inutile quanto dannosa. Più che intervenire occorre prevenire, costruire alternative per il futuro.
Ormai si sfiorano i ventimila casi di contagi e già il governo è pronto a varare provvedimenti pesanti.
Spero soltanto che non si vada verso la serrata, per tanti sensati motivi, ma il primo è senz’altro che dietro ogni commerciante c’è un’intera famiglia che vive del proprio lavoro.
Se qualcuno vuole chiudere deve garantire un equo rimborso a queste persone.
Chiudere. Ma è poi veramente utile? Non sarebbe meglio rinforzare, per esempio, il trasporto pubblico con mezzi Granturismo, come si sta facendo a Roma? A questo punto chi vuole stare a casa ci stia, mentre gli altri possono continuare a vivere seguendo le regole come hanno fatto finora.
Io non so se le scuole chiuderanno di nuovo, soffocate dalle mille difficoltà amministrative e sociali in cui si stanno dibattendo, ma una cosa è certa. Questo rientro in presenza è stato già un successo, e gli stessi ragazzi, pur imbavagliati e immobili l’hanno vissuto come tale. Così, sentirsi dire: “Prof, ci manda sulla piattaforma un compito da fare”, è una sorta di rivoluzione copernicana, senza eguali. Come se paradossalmente il punto più basso dell’esperienza scolastica degli ultimi anni abbia generato naturalmente una consapevolezza nuova. Che la scuola sia per tutti il valore più importante.
Trentamila casi, e dopo quattro mesi è ripresa la Dad.
La spensierata pausa estiva non è stata più di un’illusione.
La mancanza di investimenti, o semplicemente la malignità del virus, hanno riportato tutto come a giugno.
E d’incanto le chat sepolte in fondo all’elenco da mesi si riaccendono tutte, infittendosi di post preoccupati, di quesiti angosciati… “Prof, ma da domani riprende la Dad? Come faremo? E con gli occhi? Lo sa che lo schermo del Pc stanca la vista?”
Mi precipito a rispondere, c’è appena il tempo di creare le classi virtuali per domani alle 8.00, ed è già ora di cena.
La familiarità e l’affetto coi ragazzi cresce. È come se da sempre avessimo lavorato in Dad. Oggi un’alunna si è preparata una crêpe davanti a tutti noi mentre un compagno si rollava una cicca. Un altro è uscito dalla doccia con l’accappatoio ancora umido, mentre il gatto di S. faceva le fusa. In effetti siamo una simpatica compagnia.

Peccato soltanto che non ci si possa più vedere, darsi la mano, abbracciarsi, sentire che siamo ancora vivi.

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