Scuola. Sul rientro, in presenza o in dad, è caos totale

di Salvatore Salerno

Non c’è niente da fare a breve su scuola in presenza o dad. Prendiamoci quel che sarà.
Scuola aperta dopo i festeggiamenti di Natale e Capodanno, dopo gli sconti e affollamenti nei centri commerciali. Secondo chi fa statistica e scienza, in piena crescita esponenziale e raddoppio settimanale di positivi al covid19, prevalenza della variante Omicron, la seconda metà di gennaio avrebbe dovuto segnare il picco dei contagi e poi la curva discendente. Non ci voleva la coincidenza con la ripresa delle lezioni tra il 7 o il 10 gennaio in presenza.

Non ci sarà di fatto, malgrado Bianchi, per alcune centinaia di migliaia di alunni e studenti positivi oggi o in quarantena. Non ci sarà di fatto in alcune regioni e moltissimi comuni dove Presidenti di Regione, Sindaci e autorità sanitarie fanno ordinanze e avvertono del rischio.
Draghi e Bianchi, con l’accordo di Speranza che anche lui ha creduto sempre al Ministro istruzione di turno e al coro generale sulle scuole sicure, non mollano sui loro proclami e per motivi diversi.
Draghi, il fedele e inutile Ministro Istruzione insieme a quasi tutti i partiti e movimenti, parlano di scuole sicure e le terranno ufficialmente aperte qualunque cosa accada.
Draghi e Bianchi per motivi economici (i genitori devono lavorare e fare PIL) e chi fa propaganda di partito per motivi elettorali perché sa benissimo che quei genitori votano e sono disposti a mandare i figli a scuola perché non saprebbero con chi lasciarli a casa.
Sul Ministero della salute è facile scaricare tutto, magari ignorando che la gestione effettiva della sanità è tutta regionale, che non esiste medicina territoriale adeguata, che mancano o sono inefficaci per la scuola medici di famiglia e pediatri.
Non si parla del fatto che la struttura commissariale civile e militare non si è mai interessata alla scuola se non per la consegna di banchi, quelli a rotelle ammassati nei magazzini e corridoi, mascherine le peggiori sul mercato.
Oggi anche il Generale parla di scuola, arriva l’esercito ma in effetti nulla, siamo alla Caporetto e si chiede aiuto a pediatri e medici territoriali come se fossero liberi da ogni altro impegno.
Questo è il quadro.
Chi è deputato a parlare di scuola e fare concretamente sono una serie di soggetti con in testa il Ministro Istruzione, i dirigenti scolastici e infine docenti e personale ata. Questi sono i soli soggetti attivi, quelli che stanno sul campo e questi sarebbero i più titolati a parlarne o almeno essere ascoltati con qualche attenzione in più.
Di questi prevale in tv e nei media il Ministro inoperoso e le associazioni dei dirigenti scolastici, complici di tutti i governi da due anni per la pandemia, oggi preoccupati di non farcela di fronte ad una situazione disastrosa, che ha origine da quei due anni e decenni prima.
Gli insegnanti e Ata non contano e così è da tempo.
Certo c’è tanto altro intorno a proposito delle responsabilità dirette e nessuno lo nega. Ci sono gli enti locali, strutture edilizie, trasporti e ci sono soprattutto le tante invocate professionalità sanitarie, il medico scolastico o almeno quello competente, i dipartimenti prevenzione, di tracciamento e monitoraggio delle aziende sanitarie, il semplice rapporto istituzionale fra scuola e medici di territorio, di famiglia e pediatri. Ma si, abbiamo scoperto l’acqua calda e se tutto il sistema sanitario rischia di saltare e la scuola dà una mano distruttiva, perché no? Abbiamo trovato i responsabili o il responsabile, tutti e nessuno.
La scuola aperta e in presenza, ma chi non è d’accordo? Non è chiaro a tutti che sono proprio gli insegnanti e il personale ata che vorrebbero la scuola in presenza, regolare, serena. Che genitori, psicologi di diffuse banalità da geni incompresi e, purtroppo, gente nella politica e nelle istituzioni che si riempie la bocca di priorità della scuola o di scuole sicure che parlano, parlano… Ma basta, risparmiateci quello che sappiamo.
Qui il punto è che il calendario non ci ha aiutato sulla variante omicron, che è arrivata velocissima e diffusissima a Natale e con gli affollamenti degli sconti di stagione. Proiettati a 2 settimane era ragionevole che si poteva chiudere con il massimo di penetrazione intorno al 20 gennaio. Ci mettiamo dentro la bomba scuola il 7 o 10 gennaio e tutto si sposta, se va bene, a fine gennaio o inizi di febbraio. Chi muore, chi va in ospedale, chi è semplicemente positivo e vive il suo piccolo dramma insieme ai suoi cari anche se guarisce subito, chi se ne frega?
Bastava il solo buonsenso, spiegare e imporre le due settimane di posticipo al rientro delle vacanze magari con parziale recupero a giugno, per quanto possibile. Macchè! Danni irreparabili, la scuola chiusa è l’apocalisse mentre se resta aperta va tutto bene.
Al di là delle chiacchiere su questo stanno pericolosamente scommettendo Draghi e il suo governo. Non torneranno indietro e a fine gennaio non sappiamo del nuovo Presidente della Repubblica e, forse, del nuovo presidente del consiglio, di possibili rimpasti di Ministri o qualcosa di più dirompente.
Quindi scuole aperte in tutti i sensi comprese le finestre al freddo, scoperte su tutto il resto. Non si fa in tempo ormai per nulla tranne, forse, le mascherine ffp2 o ffp3, almeno quelle. Di generali che mandavano le truppe al freddo gelido con le scarpe di cartone la storia è piena da Napoleone a Cadorna, questa volta saranno insegnanti, alunni e studenti.
Che un positivo nelle classi dell’infanzia arriverà, due o tre in quelle primarie e superiori si troverà sicuro, che si chiude quella classe e quelle scuole è scontato, subito a macchia di leopardo, 10 giorni, di più, fino a quando un nuovo positivo ci sarà il decimo giorno? E poi chissà, il rischio è alto, altissimo, per quanto arriverà o partirà dalla scuola.
Chi può dire con assoluta certezza che avere chiuso prima e non dopo come accadrà sarà stata la scelta giusta. Scienziati ed epidemiologi che si fermano alle loro competenze dicono tutti che aver deciso di aprire subito è un rischio ma poi se ne lavano le mani, la vera competenza a deciderlo è politica, appunto è politica, di questa politica. E se il Ministro dice che la scuola è sicura, per carità, vuol dire che è vero.
Fare cose serie o non aver fatto, come in questo caso prima, non è cosa di questo Ministero Istruzione, testimone inutile e piglio severo di quello che accade.
Non è cosa di una scuola sempre più legata all’economia e al consenso sociale delle famiglie corredato da una costante denigrazione dei docenti e di chi ci lavora.
Per la tranquillità loro bastano proclami e parole, quelli non costano niente, investire sul sapere non è il caso, non serve alla grande industria italiana parassitaria e prenditrice diventata finanza e sede legale all’estero. Su questo, che abbia talvolta il volto di un Ministro o una Ministra, di una sottosegretaria o sottosegretario, apparati ministeriali, fondazioni e pedagogisti e psicologi mancati o venduti, non si molla.
E allora tutto è coerente e si spiega, compresa questa apertura avventata.
Non per la nostra tranquillità, tutt’altro.

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