Scuola. Un concorso straordinario che non si doveva fare

di Salvatore Salerno

Dare un’altra possibilità di abilitazione e ruolo agli idonei e a tutti gli esclusi da quel concorso è un dovere di un Paese civile che rispetta i diritti del lavoro. Deve essere ancora una volta l’Europa a dircelo dell’abuso di lavoro precario dell’Italia?
C’è qualcosa di molto strano negli esiti del concorso straordinario riservato ai precari con tre anni di servizio, per commissioni, esami, Regioni, classi di concorso, vincitori, idonei, titoli culturali e di servizio. Bisogna indagare su dati molto contrastanti fra di loro nella pubblicazione degli uffici scolastici regionali, a partire dalla formazione delle commissioni e dai presidenti designati.

Non è normale, non è plausibile, molti dei migliori riconosciuti tali da anni bocciati dai loro colleghi di ruolo. Quanto ha influito il martellamento mediatico e politico contro gli insegnanti italiani, di ruolo e precari, particolarmente intenso su questi ultimi per pregiudizio ideologico e interessato di una particolare forza politica e dai noti padroni della scuola riconducibili alla fondazione Agnelli, confindustria, OCSE Pisa o anche invalsi, loro grandi e monopolistici mezzi di informazione di proprietà diretta o indiretta.
Tutti a dare addosso alla classe docente italiana, responsabile di tutti i mali. Quanto ha pesato nel clima del concorso la pandemia e l’occupazione del Ministero Istruzione di un movimento che aveva preso i voti della scuola e più proprio da quei docenti precari e immobilizzati che chiedevano il superamento della 107 renziana.
Va ripreso il discorso sulle prove d’esame, sui contenuti e tempi di migliore esecuzione, sulle capacità di velocità dattilografica piuttosto che sulla qualità dello scritto, sulle maglie larghe delle griglie di valutazione. Come è stato possibile che decine di migliaia di docenti provati senza demerito per tre o anche dieci anni in cattedra da supplenti o incaricati, non abbiano superato un concorso con domande aperte e quindi con valutazione comunque soggettiva?
Può dimostrarsi che il concorso, partito l’anno scorso, ha avuto correzioni in tempi diversi e lontani tra di loro a seconda delle regioni, inefficienza o efficienza degli uffici scolastici, con risultati iniziali di idonei sotto lo zero rispetto ai posti e poi magari nelle correzioni più recenti spuntano più vincitori e idonei del previsto da chi ha bandito quel concorso per bocciare il più possibile?
Come si fa a bandire un concorso per 32.000 posti e coprirne poco più di 20.000 perché più di due terzi dei concorrenti che hanno insegnato e insegneranno ancora sono inidonei, certamente non di primo pelo, tutti senza aver mai ricevuto alcun rilievo da dirigenti, colleghi, famiglie e loro studenti?
Quei 32.000 posti non ci saranno, non si copre il turn over, non sono censiti neanche i posti liberi da pensionati del 2021, non considerati neanche ai fini della mobilità negata, delle stesse assegnazioni e utilizzazioni, dei perdenti posto delle classi pollaio.
Le cifre più attendibili sull’organico già insufficiente di fatto, non di diritto, superano ampiamente le 100mila unità di altri docenti che servono. Come si spiega che per la stessa classe di concorso, da commissioni diverse, sono stati giudicati idonei con percentuali che variano da meno del 10% dei candidati a più del 90%? C’è l’insegnante precario toscano che è più preparato di quello lombardo e viceversa e in proporzioni così diverse? Ha una logica tutto questo? “Il sonno della ragione genera i mostri” (cit.)e di mostri si è parlato e si continua a parlare a proposito del reclutamento scolastico, per non dire la verità che è semplice e supportata da cifre del bilancio dello Stato, da Gelmini in poi (2008) fino a Bianchi (2021).
 Non si mettono i miliardi necessari per avere il minimo degli insegnanti che servono in cattedra a settembre di ogni anno.
Settembre 2021 sarà come il settembre 2020.
Non per superare le classi pollaio, quelle restano tutte, ma neanche per il fabbisogno minimo come l’anno precedente per una sezione infanzia o classe di tutti gli altri ordini di scuola e per il sostegno. Inutile indignarsi sulle classi pollaio, quello è uno slogan facile che ancora una volta non si affronta nel decreto sostegni bis e anche nel fumoso “patto per la scuola” sottoscritto da alcuni sindacati dove è espressamente scritto che se ne parlerà, certo, ma “alla luce dell’andamento demografico”. 
E quindi chissà quando e chissà come con tante belle firme sotto il nulla, l’organico di diritto è un falso diventato normale. E’ questione di soldi, di investire sulla scuola pubblica oppure no. Se di no si tratta, com’è evidente, finitela almeno con la storiella della formazione a raffica, continua, orientata, gratis per i docenti e ben pagata da chi la fa. Peccato che Draghi, la sua teoria del debito buono e cattivo, dei fondi europei e del bilancio dello Stato, abbia deciso che la scuola pubblica comporti un debito cattivo, che il suo Ministro tecnico, come i precedenti la pensino allo stesso modo.
Peccato che il governo e la sua variegata maggioranza parlamentare, proprio sulla scuola o a partire dalla scuola, non pensi che Draghi e Monti (lacrime e sangue per i più, salvaguardia di tutti i privilegi per i pochi) possano assomigliarsi ogni giorno di più. Con buona pace della politica e del sindacato che tira a campare.
Restano a centinaia di migliaia i posti anche per l’ordinario, i giovani, la mobilità, in un solo triennio se solo si volesse prendere atto dei bisogni reali della scuola pubblica.
Non vi fate fregare dalle contrapposizioni, tra mille tipologie di precari e aspiranti, tra giovani e meno giovani, da docenti di ruolo saccenti e autoreferenziali (arriverà la scure anche per loro, già ci sono primi segni), dal tipo di concorso, da graduatorie e dal prima io e poi tocca a te. Il divide et impera è una regola ormai per i veri padroni della scuola e un danno per una categoria che non sa difendersi, tutta e a cominciare dalla considerazione sociale ed economica senza pari nel confronto con quella che è la figura dell’insegnante fuori dall’Italia.
A meno di un colpo di coda straordinario del Parlamento per la conversione in legge degli articoli 58 e 59 del decreto sostegni, qualche esito imprevedibile di sindacati che hanno formalmente e debolmente protestato, manifestazioni degli stessi precari (con meno 20.000 vincitori che giustamente festeggiano e qualche decina di migliaia ancora da sostegno, gae e idonei a precedenti concorsi, non tutti quelli che ne avrebbero altrettanto diritto) e docenti di ruolo che, anche loro giustamente, pensano alle meritate vacanze, ormai i giochi sono chiusi per reclutamento e mobilità. Fino a settembre.
Ha perso la scuola pubblica e ha vinto la Ragioneria di Stato.

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