DI VANNI CAPOCCIA
L’isolamento da corona virus dal quale siamo fisicamente usciti, ma nel quale psicologicamente siamo ancora in buona parte dentro è stato per tanti un intenso scrutarsi, un confrontarsi con se stessi e tutto quello che li circondava.
“Senza cattiveria” edita da Emergenze è la raccolta dei “poemetti” che Antonio Brizioli di Edicola 518 ha scritto per rivelare la sua “immeritata reclusione”. È un racconto in versi, un monologo interiore che gli ha permesso di affrontare una riflessione in modo coerente e unitario come consente la narrativa, mantenendo nel contempo l’aspetto lirico con parole piene di desiderio, sensibilità, malinconia, rabbia, amore, paura.
La poesia è una valvola di sicurezza, affronta contenuti esistenziali che toccano intimamente e a volte si attiva quando la mente fatica a reggere la piena dei sentimenti. A questo sono serviti i lunghi versi di Antonio Brizioli: mettere a fuoco con sincerità e senza cattiveria i pensieri, le esigenze e i sentimenti che nella vita quotidiana vengono spesso rimossi o se ne sottovaluta il bisogno.
La libertà è contemporaneamente pensiero, esigenza e sentimento. A un certo punto, proprio all’inizio del suo narrare in versi come a voler indicare cosa si troverà nella lettura, Antonio scrive “Non ho paura di me stesso, non ho paura delle malattie. Ho paura, tremendamente, di vedere la mia libertà calpestata, tiranneggiata, giocata a carte, giocata a caso”.
A questo credo gli sia servito il suo racconto interiore: a essere libero, di aprire se stesso a sé e agli altri senza veli protettivi con verità e onestà. Anche di scrivere senza speranza, perché una società migliore si costruisce senza speranza come dice nell’articolo in appendice mandato al giornale degli anarchici.
A noi “governati” che lo leggiamo consente di scoprire il suo aspetto più intimo, la necessità di manifestare il suo io, il suo bisogno di colmare le distanze e di volerci sempre più consapevolmente liberi, consci d’essere da lui, senza cattiveria e senza sconti, individualmente visti e profondamente sentiti.
Vanni Capoccia
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