Senza vincolo di mandato: smettiamola di  indignarci a convenienza

di Chiara Farigu

Pensavamo di aver visto tutto in fatto maleducazione e comportamenti scorretti nelle Aule del Parlamento. Non era così. In questi due giorni in cui si è discussa (e per ora risolta) la crisi di governo, i politici hanno dato uno spettacolo indegno come mai prima d’ora. Gesti osceni, risate di scherno indirizzate all’avversario di turno,  accuse e insulti di ogni tipo, persino auspici di morte verso i senatori a vita ‘colpevoli’ di essere presenti per esprimere la volontà di voto. E tutto questo mentre si affannano a ripetere che vogliono il bene del Paese che indegnamente rappresentano. Uno schifo assoluto.

La parola più ricorrente in questa due giorni al cardiopalma: poltrona. Intesa sia come  ‘mercato’ per accaparrarsene una  o mantenere stretta quella già conquistata. Paradossale poi che ad accusare i cosiddetti ‘poltronari’ siano quelli che da decenni non schiodano manco con le bombe.

E qui si torna al punto dolente che ruota intorno al poltronificio tanto evocato e vituperato, ovvero al famigerato ‘senza vincolo di mandato’.

D’accordo. L’assenza di vincolo di mandato è contemplato dalla Costituzione (Art.67) e garantisce agli eletti di svolgere in totale ‘libertà’ la loro funzione parlamentare senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali e anche dei cittadini stessi. Senza vincolo di mandato, appunto. Un principio alla base della democrazia, secondo i padri costituenti. Istituito affinché i nostri delegati potessero e possano svolgere le loro funzioni secondo i loro convincimenti, ideali, battaglie politiche senza pressioni o ricatti sempre presenti dietro l’angolo.

Tutto giusto ed encomiabile, però… ‘ogni limite ha una pazienza’, diceva Totò.

Quando i cambi di casacca, guarda caso, sono decine, se non centinaia ad ogni legislatura, difficile credere ad una ‘evoluzione’ politica del parlamentare di turno piuttosto che al sempre presente trasformismo politico, vizietto presente in ogni schieramento politico, di destra sinistra centro e pentastellato che si voglia.

Difficile credere alla buona fede. Impossibile poi se questo cambio è motivato, come sostengono,  per senso di responsabilità o per il bene degli italiani.
Quando mai?

Si riuscirà mai a porre fine a quest’andazzo? A dire:  non ti trovi più a tuo agio nel partito o movimento nel quale sei stato eletto? Bene, tanti saluti e torni a casa. Non entri in un altro gruppo né siedi su un’altra poltrona. Ritorni a casa e chiedi pure scusa per il danno arrecato. Con la testa china. Perché hai deluso chi ha creduto in te.
Invece no. Da bianco diventi nero, da nero verde giallo o rosso o viceversa. Rosso di vergogna, mai.

Ieri, dopo l’accorato appello del premier Conte, si sono palesati i cosiddetti ‘costruttori’ che hanno salvato in extremis il governo. A parti invertite avremmo assistito allo stesso spettacolo. E avremmo ascoltato le stesse accuse, visti gli stessi visi schifati, letto gli stessi commenti ilari sui social.

Delle due l’una: o si elimina l’assenza di vincolo di mandato, modificando la Costituzione (e sarebbe cosa buona e giusta), o la smettiamo di fingerci schifati se poi, chi è stato delegato dai cittadini, vi fa legittimamente ricorso.  Non ci si può indignare a convenienza. Né delegittimare il governo che poi ottiene la fiducia per colpa o grazie al soccorso dei voltagabbana trasformisti responsabili o costruttori che dir si voglia.  Com’è successo nelle legislature passate e come è accaduto ieri al Senato.

Tutto il resto è fuffa

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche