di Michele Piras
Sono finalmente tornati indietro sulla questione dei pagamenti elettronici, dopo settimane di un inutile, fuorviante polverone, che ha fatto tanto chiacchierare quanto distrarre dai problemi reali del Paese e del settore.
Perché l’Europa ha detto stop e perché davvero si stava discutendo del nulla.
Fumo negli occhi dell’opinione pubblica, su una questione marginale che non avrebbe inciso in alcuna seria maniera sulla crisi del commercio e sui bilanci apocalittici dei commercianti.
Perché lo sa chi ci ha lavorato onestamente e ancora onestamente resiste e ci lavora, che non è quello il punto, come non lo è la soglia per il pagamento in contante.
Una crisi generalizzata e prolungata che ha a che fare con la disoccupazione, l’insicurezza, l’inflazione, i redditi troppo bassi, la paura di non arrivare alla fine del mese, la preoccupazione per la bolletta elettrica o il costo del pellet, il carburante e i libri dei figli, il mutuo della casa, un regime fiscale che (per le piccolissime attività in particolare) è ai limiti del punitivo e che nel pieno della crisi non mostra alcun segno di aderenza con la realtà.
La società è al collasso, si acquista e si consuma meno, si vive nell’incertezza e nella precarietà.
Questo è il punto: o si mette mano alla radice del problema o si prendendo in giro le persone.
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