Sonia Bergamasco, il gesto essenziale dell’arte

DI GINO MORABITO

Un mestiere, quello dell’attrice, che resta per certi versi sempre misterioso e naturalmente affascinante. In un corpo come testimone, traghettatore di pulsioni, emozioni. Con le fattezze e il talento di Sonia Bergamasco che, tra musica, cinema e teatro, conquista la scena e seduce. Sullo schermo e sul palco.

Di scena, il 25 e 26 agosto, al Segesta Teatro Festival giunto alla seconda edizione. Nei panni della profetessa figlia del Re di Troia in Resurrexit Cassandra, su un testo poetico e potente di Ruggero Cappuccio, diretta da Jan Fabre.

L’immagine di una bambina che si guarda allo specchio.

«Lo specchio per me è un luogo magico. Un luogo nel quale, attraverso me, vedo altro. È un’immagine simbolica. Poi, certo, riflesso, mi può mostrare il movimento, l’invecchiamento, le rughe… Ma nello specchio vedo il viaggio.»

Un viaggio fatto di incontri.

«I maestri sono persone, incontri. Sicuramente ci sono quelli che ti fanno esplodere le idee e ti accendono qualcosa per sempre. Io ho avuto la fortuna di incontrarne alcuni. Non sono soltanto artisti ma anche persone comuni, e spero di continuare a incontrarne ancora.»

Fa tappa in Sicilia, che diventa un luogo del cuore.

«Ho da poco finito di leggere l’ultimo libro di Francesco Piccolo, “La bella confusione” (Giulio Einaudi editore, NdR), che mette in relazione il lavoro e l’opera di Fellini e Visconti: nello specifico, “Otto e mezzo” e “Il Gattopardo”. Allora sono tornata a pensare a quella scrittura, a quell’immagine di Sicilia così potente, che poi ho vissuto a lungo scendendo nella zona del ragusano. Un luogo fortemente evocativo nei suoi silenzi, nei suoi paesaggi. La Sicilia è una terra magica.»

Il pensiero corre inevitabilmente a Livia nella serie televisiva Il commissario Montalbano.

«Sono entrata nel cast di Montalbano negli ultimi cinque anni di questa storia. Interpretando il ruolo di Livia si è aperto uno squarcio su un tipo di lavoro che, in televisione, può sostenere un racconto poetico, con un linguaggio potente come quello di Camilleri, fatto di visioni. Il tutto ha preso corpo anche attraverso la sapiente opera di regia, di importazione registica e traduzione svolta da Alberto Sironi che ha creato una bolla. Una bolla di racconto andato avanti per vent’anni.»

Le splendide location di Puntasecca e del ragusano come il suggestivo teatro di Segesta, dove interpreta la profetessa Cassandra, ritraggono un Sud pieno di contraddizioni e di abbacinante bellezza.

«La bellezza da sola non basta. Occorrono anche le condizioni perché i giovani abbiano la possibilità di uno studio e uno sbocco sul lavoro concreto. Sì, è vero, in Sicilia come in altri luoghi del nostro Paese, c’è tanta bellezza. Ma questa bellezza poi dev’essere messa a frutto e tradotta nel presente con un progetto per le nuove generazioni.»

Il potere salvifico dell’arte come difesa dall’appiattimento culturale e dall’intolleranza.

«Credo che l’arte intesa come il fare, fare teatro, fare cinema, scrivere, dipingere, scolpire, sia di per sé una pratica che non può prevedere barriere né confini territoriali, linguistici, razziali. Qualcosa che abbia un senso artistico non può che avvenire in totale apertura, in osmosi con quello che accade nel presente

Il mestiere dell’attrice è sicuramente una professione, ma è anche qualcosa di più.

«Io lavoro cercando di dare il massimo e ritengo che, in questo, sia uno scambio, un vero e proprio riflettersi gli uni negli altri. Poi sicuramente c’è anche la possibilità di un arricchimento ulteriore, a livello pedagogico. Possibilità che molto spesso mi è stata offerta e che, quando ho potuto, ho praticato nelle scuole e nelle sedi di laboratorio.»

Dalla musica alla poesia, dal teatro al cinema, superare i limiti e gli stereotipi a favore di un’espressione più autenticamente personale.

«Del concetto di libertà ne parlo nel mio libro “Un corpo per tutti” (Giulio Einaudi editore, NdR). È un testo sul mestiere dell’attrice e dell’attore, nel quale cerco di evidenziare alcuni punti che ritengo importanti: l’esistenza cioè di regole, nel nostro lavoro, che vanno riscritte di volta in volta. Non esiste un dato certo e costante, perché la regola è il movimento e l’ascolto è lo stare in sintonia: quindi mettersi in viaggio. In questo senso, la libertà è qualcosa che si guadagna di volta in volta, facendo un grande gioco di equilibrismo fra regole, da una parte, e desiderio di infrangerle dall’altra.»

Libertà come verità sono parole ingombranti che, se non ben circostanziate, rischiano di svuotarsi del loro significato o di esplodere.

«Nella mia professione una delle parole portanti è ascolto, una pratica che ci si augura possa essere consueta nella vita di tutti i giorni. A quelle grandi, preferisco di gran lunga parole più piccole che compongono, mattone su mattone, una casa. Una casa in cui riuscire a far crescere le proprie idee e vivere.»

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