Stare da soli, non vuol dire essere soli

DI PINA COLITTA

Quando mi trovo a confrontarmi con altre donne e a ragionare su alcune situazioni di solitudine mi nasce spontaneamente questa domanda: perché la solitudine viene sempre considerata in una accezione negativa?

Perché voler stare fuori dal gruppo, essere poco disponibili a voler condividere, sono considerate condizioni che si collegano alla esclusione e alla frustrazione?

E sorrido quando qualcuno preoccupato si vive la sua di solitudine proiettata su di me se decido, un venerdì o un sabato, di rimanere a casa per cui palese l’espressione: proprio questa stasera, di sabato devi rimanere sola a casa?

Penso proprio che bisognerebbe comunque spiegare cosa sìa realmente la solitudine e soprattutto chiedersi se davvero può avere una connotazione negativa.

Intanto la solitudine più che una situazione è sicuramente uno stato d’animo che la società moderna ci ha insegnato a considerare come una negatività, escludendone palesemente i benefici che sono invece molteplici e che non vanno sminuiti.

Intanto essere da soli non è la causa necessaria di solitudine.

“Stare soli” è uno dei più grandi problemi in psicologia che si è palesato, in maniera esponenziale dopo il periodo del Covid e del lockdown. Ha dato seguito ad una grossa confusione tra ciò che significa lo stare soli e l’essere soli.

Ragion per cui è importante la percezione di ciò che ci circonda.

Mentalmente e quando una scelta i benefici della solitudine portano al miglioramento del benessere psicofisico?

Quanti artisti creano delle cose geniali in solitudine?

Dove le parole creano uno spartito, una canzone che è poi passata alla storia?

Soltanto in solitudine.

Mozart amava comporre in solitudine. Leopardi è il grande scrittore della solitudine.

È noto che tantissimi grandi personaggi, artisti hanno creato delle opere immortali proprio donandosi momenti di grande solitudine come Pablo Picasso, Van Gogh, ect.

Eppure in tanti non riconoscono i benefici della solitudine.

E allora come riconoscerli?

Intanto bisognerebbe riconoscere dove e in che modo trovare il bello per sè stessi; come cercarlo in poco tempo e nella dimensione quotidiana. Bisognerebbe ricordare alcune regole fondamentali, magari provo a rispolverarle perché già avuto modo di metterle in pratica.

La solitudine aiuta a conoscersi meglio, a trovare la propria inferiorità perché le risposte a tutto ciò che accade all’esterno di noi, sono solo dentro di noi.

Stare soli con sé stessi in fondo è la fiducia che spesso si è persa, fiducia che aiuta soprattutto a vivere senza disagio con gli altri e non toccati dalle influenze esterne.

Più ci si sente a proprio agio e più si recupera la propria autenticità.

La solitudine stimola la creatività; ad esempio, io giammai potrei scrivere ciò che scrivo se non lo facessi in solitudine, creandomi tantissimi momenti sola con me stessa.

Stare da soli permette di avere una visione di pianificazione della propria vita privata riuscendo a mettere in primo piano degli obiettivi personali che spesso vengono fagocitati dal lavoro, dagli impegni nella società.

Chi trova conforto nella solitudine sicuramente insegna a se stesso a stare meglio, migliorando il proprio benessere mentale, stimolando la felicita’, schivando la depressione e l’ansia.

E’ meraviglioso non avere paura della solitudine, per iniziare un nuovo percorso emotivo.

“Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.
Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.”

Elogio alla solitudine di Fabrizio De Andrè

Immagine tratta da Pixabay

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