Storia de l’U. n° 14 La (le) parente(si) filosofiche dell’U.

di Paolo Massimo Rossi

Storia de l’U. n° 14 La (le) parente(si) filosofiche dell’U.

Non riusciva a dormire l’U., nell’alba di placida calma del mare non lontano, nel mattutino di turchese dorato, là dove ascoltare lo sciabordo nuotante di esuli braccia nude, come lui (l’U.) sarebbe (stato) nudo nel tempo d’estate, lontano dal bel mezzo no-contiguente del gelido inverno.
Non potendo (dormire), con agio pensava (tranghiottendo i pensieri): “quando sarò morto sarò insopportabile”. Il quando nell’effabile attimo (effabile), tra la chiusura di sguardo (pi)etosamente oscurato (si chiude, signori, si chiude!) e il preludente da tempo in attesa: tutto (niente)vie(ux)ppiù
Dunque l’U. pensava, è questa la morte (va pensiero!): non più correrò il rischio di affliggenti cucchiare. Quest’ultime come rafforzamento di toniche consonanti (eteroglosse endamenta), di un tempo altrotempo. Quello del prima e del dopo influente, come si disse – essente ininfluente quello del tempo di mezzo.
Ma! Nella veglia (dormiente) si aggirava un pensiero nella testa dell’U.: il mio tempo, (ben)eumisticamente inteso come interiore misura, rifischio a conoscere e a dire di me (di lui, dell’U.): passioni ora sopite ora provvisorie(menti) tornanti. Il mio tempo, pessimist’ inteso come elusione nei rapporti col mondo e con gli altri. Cercherò (chiese l’U.) la salvezza nella van-inane-nità? Nella quiescenza all’ovvio conforme al mi dà tanto (se tanto)?
Improvviso (pensiero mortuario nel mentre pregnato) l’invase l’odore: di birra versata, d’urina birrosa, d’acidume di birra.
Sarò mica isperato? Chiese-si. (Ma) l’isperazione non è una forma superiore di critica? Qualcuno osservò. Per ora, l’U disse, la chiamerò estatica bellicità (trattavasi di enfasi sentimentale, O?). In-cosciemente e at-tette(mente) guardate.
Allora, mentre il tempo trapassa(erebbe), il work avrà causa nel progress.
Qualcuno chiese (all’U.): ma, fianalmente, che ci farai coi tuoi filoflussi?
Il tautologo! L’U. tautolescamente chiosò.
Eppur dubitando, l’U. si chiedeva: ma che non farò se non la non risposta non troverò?
Non gli restò ch’esplorare la storia mnémosina del sé alteraltro: cioè dell’U. filosofesco. Che verrà, altromodo inutilmente indovingere.

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