Storia de l’U. n° 9. (L’U. che baciò Liara)

di Paolo Massimo Rossi

Storia de l’U. n° 9. (L’U. che baciò Liara)

La signora (Liara) guardava l’U con commovente attenzione. Lo teneva fermo per i capelli, nel mentre che gli prendeva la mano per strofinarsi delicatamente la coscia. E la lingua? Chiese l’U. Socchiudi la bocca, fece la signora, infilando la sua nella sua. Il quale, forzando l’opera in corso, l’infilò nella bocca esploranda di lei.

Convenienza esibita, cercata, bagno melmoso, umettante saliva, explò di conoscenza inturbata.

Rossa la faccia di lei, curva di sorriso su lui che pensò che un angelo era testimonio, ma gli angeli non possono essere fatti giurare: mentirebbero con le migliori attenzioni. L’U chiese scusa, la signora sorrise (ancora), di rosso carminio al quid visivo. Un quid che indugiava nel più-su d’umidore afroroso, trattenuto nel meandro del caldo sensoso.

Bacio liquoroso: umbratile fu rispondenza nel chiuso del pertugio che le mani cercavano, per scoprirne il segreto. Assonanza di desiderio: la signora si mosse in avanti, senza dimenticare la mano. S’accavalciò, sollevandosi in volo planato, sotto del quale sporgeva il non più impedito quid sognato. Che fai? Lei chiese all’U con sfaccio alludente, allor che i fiori verdi e gialli d’arancio fumé coloravano d’ordore l’estiva serata.

All’estremità delle lunghe braccia di lei, le mani gentili s’aggrappavano ai di poltrona braccioli gonfiati di stoffa riempita di crine. Oh, mon dieu quelle chaleur! Esclamò la signora (Liara) e risuonò dell’invocazione il ciel, sotto il quale transitò inatteso un signore con signora a braccetto.
Oh! Mia cara, fece Liara, ricomponendo l’esibizione esibita. Tu conosci il mio sposo, fece l’altra con sguardo innocenso di fumo. Dunque è lui il tuo sposo! La signora Liara glossò. Sì, disse l’altra. Poveretto, sussurrò (la s.)

Liara, con voce impastata di bocca ancora linguata.
Dovreste venire a cenare da noi; a mangiare la genovese arrosto, disse l’altra. Non ci sarebbe nulla di strano, Liara osservò. E l’U.? L’altra domanda. Dentro ci salterà, nel mio, disse Liara. Nel mio che? S’informò l’altra. Nel mio mio, ammonì Liara. Scivolando? Chiese il signore (lo sposo). Qual genovese salsata, l’altra ipotizzò. Saltata, rispose lo sposo mimando lo slancio.

Verremo, concluse Liara. L’U. con-cenno-fermò. Giocheremo ambinando, riconcluse Liara.

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