Storia dell’U. (Luce e Terra). Parte prima

di Paolo Massimo Rossi

Sulla terra e sotto il cielo, spesso sentiti la prima sopra e il secondo sotto con poetica inversione, l’U. si crogiolava nel mostrare che all’intorno non ci fosse né cielo né terra. L’U. così pensava, lasciandosi andare alla poco rassicurante contemplazione dello scorrere di quel buio verso un’ipotizzabile e utopica luce.

Dal fatto che il cielo fosse di colore scuro, l’U poteva inferire che i corpi luminosi di sempre fossero stati se non altro coperti da nuvole, prima di supporre che fossero spariti tout court.
Oltretutto anche la terra era, a una prima svista, dello stesso colore scuro, del che l’U. poco si meravigliava. Come non si meravigliava del fatto che, guardandosi allo specchio, anche lui stesso apparisse dello stesso incolore.
A tratti, aveva l’impressione che fosse diventato impossibile determinare con esattezza il colore di alcunché. Quasi un’assenza di tinte, fatte di mescolanza di tante sfumature di bianchi scuriti. Ma all’U. non piacevano le parole “bianco e scuro”: preferiva identificare la propria oscurità con il termine “chiaro” e il colore buio di fuori con il termine “ntondo”. Cosa che a rigor di termini non rispondeva al vero, essendo ogni colore talmente scuro da rendere impossibile ogni chiarezza al riguardo.
Dunque, la sorgente della pur tenue luce si diffondeva in modo inconoscibile sulla scena d’intorno.
Ma tante erano le peculiarità, sì che l’anima sentiva che la temperatura dell’oscurità fosse calda e che la saliva potesse scendere e salire con un groppo alla gola. Che intorno tutto era silenzio, che il cielo di cui si parlò scendeva e saliva con quella saliva, e che l’U sentiva mancare il suolo su cui credeva di essere radicato.
Allora, l’U. non osava cambiare una virgola del suo riflettere: del venire alla, dello stare nella, dell’andare dalla, del breve restare, dell’a casa dove tornare. Cioè la via percorsa nel vuoto e nell’ottusa mente incespicante. Ecco di cosa l’U. non osava cambiare una virgola.
(Fotografia di P.M. Rossi)
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