Swing, la danza di Debby

DI ELISABETTA DE MICHELE

 

Debby amava quell’angolo alla periferia della città, da cui poter ammirare il tutto dal niente, che poi forse era il contrario, poiché da lì nel tutto dell’essenza poteva ammirare il niente dell’apparenza; seduta in penombra nel suo angolo, ancora una volta assaporava il vento sulla pelle, il profumo della diradazione del cemento e della materialità, ma soprattutto quando era lì riusciva ad assaporare l’attimo.

Ad un suo cenno partì la musica e lo spettacolo ebbe inizio.
Sembravano passati secoli da quando si era trasferita in quella cittadina e non aveva nessun amico; non era stato facile legare con i ragazzini della sua età, farsi accettare, ma alla fine ci era riuscita; è difficile includere qualcosa di estraneo nella tua zuppa quotidiana, un ingrediente che non conosci può spaventare, ma di certo potrebbe
renpdere speciale la tua pietanza, amalgamandone gli ingredienti e arricchendone il sapore

. E così era stato: Debora era diventata il collante del gruppo e tutti le volevano bene.
Ogni nota di quella musica la trasportava sempre più in alto, e nella scala della beatitudine saliva gli scalini a due per volta fino a riuscire quasi a toccarne l’ultimo piolo.
Non poteva certo stare ferma mentre quel ritmo cresceva, mentre la sua emozione aumentava, mentre il suo battito accelerava, mentre la sua vibrazione si alzava, mentre il suo respiro si faceva sempre più rarefatto; e così iniziò a danzare. Danzava tra quelle note inebrianti, danzava tra le nuvole di quel cielo di beatitudine, e danzava come aveva visto saper fare da chi ci riusciva naturalmente.

Lo swing del jazz, che lei adorava, la trasportava fino a volteggiare in ogni angolo della città; così si ritrovava a piroettare tra finestre aperte, usci socchiusi e freschi porticati, mentre tutto ciò che era vivo seguiva i suoi passi danzanti: i fiori tutti, gli abitanti del mondo sommerso, nascosto dalla superficialità, e gli animi puri potevano guardare, invitati da quell’invitante brio, a partecipare a quella ridda di vita, a quel corpo di ballo. E tutto era suono e colore. Sarebbe stato bello se non fosse finito mai; ma ogni fine è un nuovo inizio se la prospettiva è quella giusta.
A poco a poco la musica iniziò ad affievolirsi, le luci di scena pure, ma gli animi no, quelli continuavano a rimanere in alto, sui pioli più alti. Lo swing si fermò.

Debora era seduta nel suo angolo, in penombra, con tutti gli amici intorno. Un sorriso condiviso aleggiava nell’aria. Il sole era ormai basso, era giunto il momento di rientrare. I ragazzi si avviarono in silenzio verso la città; solo un cigolio accompagnava i loro passi: quello della sedia a rotelle da cui Debby sempre danzava.

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