Taormina, la prima volta che andai al festival

DI GIOVANNI BOGANI

 

Non le hai mai sapute, tutte queste cose. Non hai saputo neanche della prima volta che andai al festival di Taormina.

Uno dei miei primi festival, i miei vent’anni erano ancora lì, ce li avevo fra le mani. E presi un treno di notte, naturalmente, perché costava meno. Prima di partire, andai a prelevare i soldi che mi servivano, al bancomat della mia banca, in piazza Stazione, proprio davanti ai binari del treno.

Era sera tardi, e mancavano dieci minuti alla partenza del treno.

E la macchina automatica si mangiò la mia tessera. Non ricordo perché: sarà stata scaduta da qualche giorno, o chi lo sa. Il treno stava per partire, dovevo scegliere. Tornare a casa, rinunciare. O partire lo stesso. Scelsi di partire. Senza soldi, solo diecimila lire.

Se fossi tornato indietro, forse anche la mia vita avrebbe preso una piega diversa. Non avrei cominciato ad andare in giro per mezzo mondo, o almeno quel mezzo mondo che mi è stato regalato, che è stato regalato ai miei occhi, alla mia anima.

Il treno di notte arrivò a Roma. Poi a Napoli, poi a Salerno. Poi a Paola. Attraversò tutta l’Italia, la Calabria che non finisce mai. Arrivò a Villa San Giovanni che era quasi l’alba, il cielo era di un blu meraviglioso. Ci vollero due ore per smontare tutto il treno e metterlo nella nave. Io mi sistemai sopra coperta, a guardare l’alba. L’alba sullo stretto di Messina fu una delle cose più belle che abbia mai visto. Mi sembrava di nascere.

Arrivammo a Messina, poi ancora stazioni su stazioni, fino ad arrivare a Taormina. Ero lì, alla stazione Taormina – Giardini. Senza un soldo, praticamente. Neanche quelli per tornare indietro.

Per risparmiare, dalla stazione fino a Taormina volli andare a piedi. Mi indicarono una strada fra i sassi: salii su, con la valigia, sulla roccia, praticamente un’ascensione alpina. Dall’altra parte, c’era la strada, curva su curva. Io dritto come Rheinold Messner, fino all’albergo sul crinale della montagna.

A metà della salita, arrivò una pioggia da arca di Noè: era pieno inverno. Arrivai all’hotel fradicio, avevo una carta d’identità e diecimila lire in tutto. Nella stanza, trovai un cesto pieno di frutta: arance, fichi d’india. Mangiai tutto, e fu il pranzo più buono del mondo.

Lì, al festival, incontrai scrittori giovani, pazzi e generosi. Niccolò Ammaniti, Aldo Nove e Tiziano Scarpa. Tiziano mi prestò centomila lire, per il biglietto di ritorno. Non mi conosceva, ero solo un ventenne smarrito, che un giorno voleva diventare un giornalista. Non gli sarò mai abbastanza grato.

Immagine tratta dal web

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