Tutti viviamo sperando di essere liberi un giorno

di Andrea Melis

Questo nostro maledetto senso di colpa
enorme
come un nuovo peccato originale
che ci imprigiona al lavoro,
al produrre,
al fare.
Lo senti?
Questa nuova catena di montaggio dell’esserci sempre,
del rispondere subito,
del prendere decisioni con gli orologi puntati alla tempia.
Usiamo questo termine: giorno libero,
ma ci conforta se coincide con quello di tutti.
Guai a rallentare da soli,
a sottrarsi alla calca degli indaffarati,
al parossismo degli altri
per fissare uno stagno fermo,
un cielo lontano,
una nuvola che ci ricorda
quanto siamo di passaggio.
Che terrore fermarsi quando tutti corrono!
Potresti scoprire che fa bene.
Che quella parola, libero, vuol dire davvero evasione e quell’altra,
giorno, parla del sempre, dell’adesso
e non del verrà.
Parla dei giorni senza tempo
in cui non avevamo calendari né orari.
Potresti scoprire che tempo e libertà parlano di te.
Parole che suonano come il tuo nome. Il tuo destino.
Tutti viviamo sperando di essere liberi un giorno.
Ma che paura pensare che quel giorno sia oggi.
E allora al Dio del dovere io mi confesso:
oggi Andrea non ha prodotto niente,
non ha sentito nessuno,
non ha realizzato,
non ha speso,
non ha pagato,
non ha promesso nulla
non si è impegnato.
Oggi Andrea dopo l’ora d’aria non è rientrato nella cella del senso del dovere.
Andrea ha fatto solo quello che lo fa felice:
stare,
in un soffio di eterno,
sentire,
prima di essere assassinato sulla sedia elettrica da uno dei tanti boia dell’ansia.
Recito tre “arrivo subito” e due “eccomi scusa”.
Ma qual è stata la mia colpa?
Non pesare sul mondo?
Oggi Andrea non ha fatto null’altro che essere Andrea.
Ho fatto ciò per cui sono venuto al mondo.

(Andrea Melis Parolaio)

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