Ubaldo Gandolfi- Endimione e Selene

DI ROBERTO BUSEMBAI

Ubaldo Gandolfi è stato un pittore italiano nato a San Matteo della Decima una piccola frazione del comune di San Giovanni in Persiceto di Bologna, nel 1728 e morto all’età di 55 anni a Ravenna.

Appartenente a una famiglia numerosa e quasi tutta dedita alla pittura tra cui, oltre lui, spiccano tra gli altri il fratello Gaetano e il figlio Marco e Ubaldo Lorenzo.

Appena 17enne entrò all’Accademia Clementina dove imparò il disegno dell’anatomia umana dal grande maestro Ercole Lelli ( sono notori di questi i modelli anatomici in cera realizzati da cadaveri sezionati).

Gandolfi si può considerare in quanto a stile pittorico, a l’ultimo del barocco e tra i primi del neoclassicismo.

Il suo modo di dipingere comunque ha tracce indelebili e riscontrabili con il capostipite della scuola bolognese, Ludovico Carracci.

Tra i suoi innumerevoli lavori spiccano le tele dedicate alle narrazioni mitologiche, come questa sulla leggenda di Endimione e Selene ( ora al Museo d’arte della contea di Los Angeles).

La leggenda di Endimione ha varie e diverse versioni, questa rappresentata da Gandolfi è forse quella più nota.

Endimione osservato da Selene, la dea della luna, che percorrendo il cielo intravide il bellissimo giovane addormentato in una grotta del monte Latmos in Caria, e se ne innamorò pazzamente, tanto che ogni notte fermava il suo cocchio argentato e scendeva ad accarezzarlo e a baciarne gli occhi chiusi con la determinata attenzione a non svegliarlo.

Una versione invece dice che furono proprio i suoi baci a far si che gli occhi del giovane non si aprissero più, e anche un’altra in cui si dice che Selene raccomandandosi a Zeus volle che il giovane potesse ottenere un’eterna giovinezza tanto da non smettere mai di ammirarlo e amarlo.

Zeus, non insensibile al suo amore, propose direttamente a Endimione di poter scegliere tra una vita normale o di dormire in eterno rimanendo così sempre giovane, naturalmente scelse la seconda per godere di quell’amore immenso della Dea.

Guardando questa tela non possiamo non provare, dallo sguardo ammaliato di Selene, tutto quell’amore profondo e immenso.

Un amore simbolicamente illustrato dal piccolo putto alato con l’arco e frecce, e resistiamo anche e comunque a non innamorarsi noi stessi di quel corpo così perfetto e delicato, giovane e puro di Endimione.

Neoclassicismo che si affaccia sul barocco, ma un poco di amore non guasta mai.

Immagine web: Ubaldo Gandolfi – Endimione e Selene

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