Ucraina. Prima di qualunque dibattito, mai dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito

di Michele Piras

C‘è addirittura chi ha paragonato i pacifisti a quelli che in America volevano la pace con Hitler.

Altri che sarebbero in grado di dare del putiniano anche a Papa Francesco, solo perché osa dire delle verità o esprimere il punto di vista della Chiesa romana.

C’è chi ti da del benaltrista quando provi a ricordare le atrocità che subiscono gli yemeniti o i palestinesi, per quanto da regimi che qualcuno considera amici e ai quali si attribuiscono gradi di democrazia con quella tipica leggerezza degli ipocriti e dei bugiardi.

C’è anche chi pensa che in un Paese democratico, come l’Italia pare che sia, non si debba più ragionare se non in maniera binaria, senza troppo riflettere, senza trarre giovamento dalle lezioni del passato e da quelle del presente.

Che non si debba dirci una triste verità, ovvero che nei decenni sono circolate troppe armi, che la spesa e il business della guerra ha reso, di nuovo, questo mondo meno sicuro.

Del fatto che si è andati avanti, come nulla fosse, a vendere armi a chiunque, compreso Putin, che in Ucraina combatte la sua sporca guerra anche con gli italianissimi blindati Lince.

Allora il dubbio certamente non c’è su chi sia l’aggressore e chi l’aggredito e non c’è alcuna equidistanza possibile, di fronte all’orrore, all’invasione e all’ingiustizia.

Ma abbiamo tutto il diritto, forse anche il dovere, di raccontare le cose come stanno, nella loro cruda complessità, senza assolvere nessuno dai propri sbagli e dalla miopia.

E tutto il resto è fastidio e, anche qui, propaganda.

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