Un appello per salvare il pianeta

di Cristina Piloto

Oltre al primo appello lanciato 30 anni fa da vari scienziati, un ulteriore allarme è stato lanciato sulla rivista Bioscience perché si agisca prima, che i danni causati all’ambiente diventino irreversibili.

Il primo avviso fu lanciato nel 1992 e fu sottoscritto da 1700 firmatari, tra cui molti premi Nobel. Nel 2017 diversi studiosi, tra cui William Ripple e Thomas Newsome, hanno promosso una campagna virale sui social, finendo per avere adesioni di ben 15000 ricercatori di 184 paesi.

“Gli scienziati hanno l’obbligo morale di avvertire chiaramente l’umanità di una minaccia catastrofica e di dire le cose per come stanno” affermano.

Il quadro delineato dagli scienziati è preoccupante: l’unico miglioramento registrato in questo quarto di secolo è stato quello di aver fermato la crescita del buco dell’ozono.

Qualche progresso anche sul fronte delle energie rinnovabili e sul rallentamento della deforestazione in alcune aree.

È da sottolineare, come dato positivo, anche un investimento maggiore nell’istruzione femminile, che ha contribuito a far sì che ci sia stato un calo delle natalità, almeno in alcune zone del mondo.

Tuttavia, le brutte notizie sono molteplici: in questi anni si è avuta una riduzione dell’acqua disponibile per persona, una crescita del numero di zone morte nell’oceano, la perdita di zone boschive, un calo nel numero di mammiferi, rettili, anfibi, uccelli e pesci, una crescita della popolazione umana e il continuo aumento delle emissioni di carbonio e delle temperature a livello globale.

Le prospettive saranno migliori, se tutti prendiamo coscienza e conoscenza del rischio che stiamo correndo, e che soprattutto potrebbe impattare sulle generazioni a venire. La responsabilità che abbiamo è molto più grande di quello che pensiamo.

La pandemia da sars cov 2 ci ha insegnato, a nostre spese, molto sulla sanità pubblica e anche su abitudini di vita che non dovremmo mai dimenticare (l’autoisolamento se si è ammalati per esempio, l’uso dei vaccini per proteggere noi stessi e gli altri).

Le deforestazioni, l’inquinamento, usi e costumi che possono favorire l’insorgenza di nuove specie virali, l’iperalimentazione, la non curanza verso l’ambiente, porteranno solo a distruggere ciò che di bello la natura ha da offrire.

E risuona sempre quella frase che era scritta su un muro di Hong Kong più di un anno fa: “Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema”.

Rendere più sostenibile la presenza dell’uomo sul pianeta è diventata una necessità impellente, promuovendo per esempio un’alimentazione meno ricca in carne, il ricorso alle fonti di energia rinnovabili, limitando anche la crescita della popolazione, puntando sull’istruzione.

E’ importante d’altra parte comprendere come i flussi migratori dai paesi più poveri siano una fonte inestimabile di ricchezza, umana e sociale.

E dovremmo sfruttarla al meglio, dando loro un’identità, che forse non hanno mai avuto, invece di promuovere campagne che spingono a fare più figli.

 

Donne e uomini hanno infatti tutto il diritto e la possibilità di scegliere se, quando e come mettere al mondo un figlio, semmai vanno favoriti il lavoro e le giuste condizioni che permettano la realizzazione di tutti.

C’è ancora tempo, dunque, per salvare la terra, per non distruggerla, per renderla di nuovo un luogo ospitale.

Occorre solo mettersi in moto, anche nel proprio piccolo, salvaguardando almeno una parte di ciò che è possibile difendere.

#salvareilpianeta

*Immagine Pixabay

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