DI ANNA LISA MINUTILLO
Siamo caduti in una sorta di incubo senza fine, che non ci lascia vivere, che si prende spazio e ci vuole tutti soli, distanti, privandoci proprio di quegli istanti che vivevamo, forse dando loro poca importanza.
Eravamo felici ma non ci accorgevamo, o non lo sapevamo, chissà…
Giorni pesanti, alla ricerca di una soluzione che possa far tornare espressioni rilassate sui nostri volti che, nascosti da una mascherina, cercano un breve contatto visivo tra le persone che incontrano, ma non possono abbracciare né avvicinare.
Tutti alla ricerca della cura appunto, tutti ad inseguire proclami, tutti disorientati tra la rapidità con cui si sta agendo ed il timore di non riuscire ad ottenere i risultati sperati.
Alle persone a cui vogliamo bene, capita spesso di dire:«abbi cura di te», al termine di un incontro, oppure prima di congedarsi al telefono.
Indubbiamente è una bella espressione, che racchiude tutto il calore e tutto il reale interesse che proviamo, per la sua salute, per il suo benessere psico-fisico, nonché per la sua vita di relazione.
Alcuni né hanno fatto un must, talmente si sono abituati a prendersi cura solo di se stessi.
Pochi comprendono che avere cura di se, non prescinde dal mondo circostante: se seguiamo un corretto stile di vita infatti, a beneficiarne non saremo solo noi, ma chiunque abbia a che fare con noi.
La cura che auguriamo è la stessa che tutti vorrebbero ricevere, quella che non termina non appena ci si catapulta nella quotidianità che ci attende, ma, quella che prosegue anche quando non ci si riesce a vedere spesso.
La cura è proprio quella carezza inaspettata che si trova tra le dita di una mano, quella che ti comunica: «io ci sono, anche quando non ti sono fisicamente accanto, fai anche tu così con chiunque né abbia bisogno».
In effetti: chi non ha bisogno di srntirsi «curato», di sapere che in un momento difficile ci sarà qualcuno a dare una mano?
Ma non solo nell’accezione negativa, è bello sapere che ci sarà qualcuno con cui condividere esperienze positive, che le ascolterà e che se ne prenderà cura, gioiendo con noi e per noi.
La verità è che abbiamo smesso di prenderci cura di ciò che ci circonda, dando tutto per scontato se non pretendendo soltanto, senza essere disposti a dare nulla in cambio.
Non curiamo più i luoghi che frequentiamo, li deturpiamo ma pretendiamo che la natura si curi di noi, che non ci faccia del male.
Non importa se interriamo corsi d’acqua e disboschiamo come se non ci fosse un domani, se non liberiamo tombini e corsi d’acqua dallo schifo con cui li riampiamo, pretendiamo cura e non la diamo.
Dialoghiamo o spendiamo parole pesanti, che feriscono, che provocano malessere, ma ci riteniamo tutti intonsi dagli errori, è sempre «colpa» degli altri, mai della poca cura che ci mettiamo quando scegliamo termini che giungono come stilettate al cuore di chi le riceve.
Assistiamo silenti ai maltrattamenti riservati a disabili ed anziani provenienti proprio da chi dovrebbe prendersi cura di queste persone fragili, indifese, che meritano cure anche e soprattutto attraverso piccole attenzioni, attraverso un maggiore ascolto, attraverso una gentilezza in più.
Spendiamo capitali per dimenticarci, per non curarci più di chi abbandoniamo a «mostri»travestiti da professionisti del settore.
Non ci prendiamo cura dei bambini, che incolliamo a schermi di cellulari, proprio quelli che li conducono in luoghi senza controllo, pericolosi.
Ci accorgiamo tardi delle conseguenze che la nostra distrazione causa, ma ci lamentiamo velocemente di ciò che non riceviamo.
Una cura che non diamo si trasformerà proprio in quella che non riceveremo, poiché nulla è dovuto, ma il tutto funziona quando è sentito, quando è condiviso.
Avere cura del mondo renderà migliori tutti, indipendentemente dal virus, se solo si capisse che chi lo fa non è un debole o un senza spina dorsale, ma è una persona attenta, altruista, generosa.
Sono concetti desueti? Forse per qualcuno sarà così, ma resta il fatto che per salvarsi dovremmo tutti non farne a meno.
La cura che cerchiamo, che ci litigheremo, risiede prima di tutto in noi e non la troveremo fino a che non prenderemo seriamente in considerazione questo aspetto.
È una parola che rimbalza spesso in questi ultimi giorni, che leggiamo, che ritroviamo all’interno di quei lunghi e troppo uguali talk show televisivi in cui si rincorrono esperti e fior di professori che prima di curare dovrebbero rieducare.
Ciò che prima vedevamo distante da noi, ora ci ha avvolti in una fitta rete di timore da cui se usiamo l’intelligenza, la disponibilità, l’attenzione potremmo liberarci, altrimenti è inutile lamentarsi di ciò che non facciamo nulla davvero per liberarci.
La cura siamo noi, prima lo comprenderemo e meglio sarà per tutti!
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