Una storia in un ritratto

DI INES GUADAGNINI

Mara aveva percorso quasi correndo il breve tratto di strada che separava la sua casa da quella del pittore e dopo aver attraversato la piazza del paese, era giunta in quella stanza a piano terra con una finestra affacciata sul mare. I due si erano conosciuti sulla spiaggia mentre lui dipingeva le tamerici battute dallo scirocco, che volteggiavano nell’ aria come danzatrici impazzite; lei si era fermata ad ammirare la magia dei colori e dei segni che lasciava sulla tela e fu così che qualche tempo dopo il pittore le aveva proposto di farle un ritratto. Mara aveva accettato, seppur con un po’ di imbarazzo e per molti giorni, dunque, aveva posato in quella stanza, seduta di fronte alla finestra aperta sul mare: il suo lungo vestito a fiori, appena mosso da brevi soffi di vento e leggero come le ali di una farfalla, le lasciava scoperte le spalle e i piedi abbronzati, che sembravano nudi, trattenuti da sandali quasi invisibili.

E il sorriso non mancava mai, lo manteneva per tutta la durata della posa, come un abito che tutto svela e tutto cela.
Ora quindi, nel ritirare il ritratto finito , era molto curiosa di vederlo e quando il pittore glielo mostrò, ancora posato sul cavalletto, riuscì solo ad esclamare :
“ Accidenti, com’ è bello !!! “ con la voce piena di emozione e stupore.
Lo portò a casa, lo posò sul tavolo in piena luce, per continuare ad ammirarlo : prese ad avvicinarsi, per scoprire i segreti di un tratto o di un riflesso, per poi allontanarsi e cogliere così la straordinaria efficacia di un gioco di luci e ombre che insieme componevano l’ espressione del viso. Come appariva vivo lo sguardo, ricco di una felicità già conosciuta, di bagliori d’amore vissuti e mai spenti, di stupori infantili e consapevolezze di donna!

Come aveva potuto il pittore scavare così nella sua anima e portare sulla tela quel suo sguardo profondo sul mondo ? Continuava allora a leggervi il racconto della sua vita, mai stanca di scoprirne una parte nuova, forse sconosciuta anche a se stessa e non riusciva a staccarsene tanto ne era presa; aveva infatti la sensazione che molto ancora le dovesse dire e la trattenesse per poi farla cedere alla lusinga di scoprire, con coraggio, ogni parte di sè.

Il ritratto trovò infine sistemazione sulla grande parete bianca della camera da letto: aveva deciso così, avvertiva infatti in quei tratti un non so che di intimo che andava protetto dallo sguardo dei più. Nei giorni che seguirono, continuò a soffermarsi davanti al quadro, ma con una sorta di insoddisfazione crescente per ciò che le narrava, quasi un disagio, come se non tutto fosse stato ancora svelato, ma comunque pronto ad irrompere appena lei fosse stata in grado di reggerne l’ urto !

Ed infatti, in un pomeriggio accompagnato dai lampi e dai tuoni di un temporale imminente, quel viso prese improvvisamente a trasformarsi per assumere agli occhi di Mara, ombra dopo ombra, la forma paurosa del dolore !
A quella vista ella lanciò un urlo che le squarciò il petto:
“ No, no, il dolore no…non lo voglio vedere , non lo voglio sentire, via, via da me !” E come presa da pazzia improvvisa uscì di casa sbattendo la porta, si mise a correre verso il mare, inciampò, quasi cadde in quella corsa affannosa e disperata. Si fermò quando fu sulla riva , si accasciò sulla sabbia bagnata di pioggia, certa che il fragore delle onde e l’ ira spaventosa del mare in burrasca fossero l’ urlo del suo dolore che, impossibilitato a restare là dove lei lo aveva relegato, si faceva avanti prepotente, minaccioso, cattivo.

Cercò in ogni modo di fermarlo, stringerlo all’ angolo per poi vincerlo definitivamente; tentò di allontanarlo con tutte le forze che aveva, urlò scagliando manciate di sabbia contro le onde. Poi, sfinita da quel grido che il vento portava a spegnersi nel mare, Mara si raggomitolò, nascose il viso nel guscio delle sue stesse braccia , cominciò a dondolarsi e finalmente pianse.
Fu allora che quelle lacrime, per tanto tempo trattenute, caddero sul ricordo di un dolore terribile, lo avvolsero e lo raccolsero da quell’ angolo buio nel quale lei lo aveva relegato.

Ritornato così alla coscienza , addolcito dalla resa di chi lo aveva allontanato da sè per il timore di venirne uccisa, il dolore si mostrò in tutta la sua disarmante verità: era anch’ esso parte della sua vita, era quel buio che con la sua presenza aveva dato valore alla luce ritrovata, con fatica, ogni giorno.
Il temporale si stava ormai allontanando per fare posto alla quiete, in un’ aria nuova, distesa ora fra il cielo terso e le onde borbottanti che si seminavano sulla riva, anch’ esse esauste dopo la tempesta.
Si asciugò le lacrime.

Non era facile per Mara guardare in faccia il dolore e non era certa di essere pronta a riconoscersi tutta in quel ritratto che le parlava di giorni felici e di un dolore indicibile, ma ora era tempo di farlo.
Lungo la strada del ritorno, staccò da una siepe di buganvillee un ramo carico di fiori risparmiati dal temporale, raggiunse la sua casa, entrò e richiuse lentamente la porta dietro di sè.

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