Vele e parole, quando dare spiegazioni non serve

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

Ci sono giorni in cui quella barca a vela ti manca notevolmente e vorresti salire a bordo per ritovare l’abbraccio di quel mare che ami tanto e che sempre più fortemente ti manca.

Vorresti allagartene gli occhi, respirarlo fino a non poterne più, tornare ad ascoltare il suo canto che sovrasta ogni cosa trasportandoti in una dimensione in cui l’accesso è consentito solo a chi non devi spiegarlo questo mare, perché il mare non va spiegato.

Arriva e basta, come quando decide di lambire la riva oppure di infrangersi sugli scogli, o anche di essere in tumulto offrendo una tavolozza di sfumature, difficili da catturare.

Ci sono anche giorni in cui le parole, quelle tanto amate, paiono perdere la loro intensità.
A volte perché non arrivano, altre perché semplicemente, non possono arrivare.

Sono riconducibili alla libertà, perché, scrivendo ti esprimi, condividi punti di vista, leggi approvazioni, oppure al contrario altri spunti di riflessione, aspetti a cui non avevi pensato, ooppure hai taciuto perché pur sentendole chiare dentro te, non le potevi scrivere.

E non potevi farlo perché, troppo forti, prepotenti, magari offensive per chi si ritrovava a leggerle, magari identificandosi in esse.
È una grande contraddizione quella che le parole contengono: regalano questa grande sensazione di libertà, ma al tempo stesso contengono regole, sconosciute ai più, ma che non possono essere violate.

Quindi ti catturano anche loro, ti ingabbiano in vortici complessi, in nodi difficili da sciogliere, in trappole in cui, se non stai più che attento, rischi di cadere.
Non conoscono simpatie, ruoli, responsabilità, loro sono libere di essere, tu a volte schiavo, altre succube del loro utilizzo errato.

E capita, capita a tutti, ad anonimi scribbacchini, a titolati, a direttori di testate, capita e basta.
Un po’ come l’idea di libertà che offre il mare…non si svela a tutti, si rivela a pochi, qualcuno teme gli spazi sconfinati, altri temono le profondità.

Non esistono regole, quando si ha a che fare con la libertà, esistono il rispetto ed esiste la paura.
Quella sana, che ti permette di guardare alle cose con la giusta inclinazione, quella che non ti fa sentire invincibile poiché dinnanzi alla vastità, siamo tutti piccole cose, quella che ti consente di fare una bracciata in meno e di scrivere quella parola in più, quella parola che deve essere ragionata, pensata, scelta con cura.

Così, ti rigiri tra le mani quella immagine che, nonostante la vastità, nonostante la sensazione di libertà, nonostante il rincorrersi di quelle parole che si intrecciano con la rincorsa delle onde, ti trasmette serenità.

Perché, in questo silenzio apparente, sai che quella barca a vela ti manca come l’aria, quelle parole non dette, prima o poi tornerai a riscriverle, quei colori sono gli stessi che tenterai di catturare e condividere con chi non ha bisogno di spiegazioni.

Lo sai, che non comprenderanno tutti quanto sta dietro ad uno scatto, dietro a quella ricerca spasmodica di temini da usare, dietro a quelle sensazioni che a volte accomunano le persone ed altre sono così impegnative da farle allontanare…

Il mare, le onde, le parole, le rincorse, le paure, la libertà, è tutto qui e proprio come il mare arriva a chi non lo devi spiegare…
In attesa di salire a bordo di quella vela che sa, esattamente, dove approdare.


©® foto limian

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.