Verrà il tempo della migrazione (seconda parte)

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Quindici giorni fa, vi ho parlato della Mattingly e del suo riparo galleggiante, “mobile e nomade, scultoreo ed ecologico”. Dicevamo che il progetto ha avuto una vita di soli sei mesi, poiché nato all’interno di uno spazio pubblico.

E poi? Che ne è stato? Una volta scesa dal suo eco- sistema abitativo, Mary ha preso gli oggetti personali rimasti, li ha catalogati, è risalita per ognuno di essi passo passo alle sue origini – il che voleva dire esplorare le materie prime costitutive dell’oggetto stesso, e ricostruire la “catena di fornitura” che aveva portato l’oggetto nelle sue mani -.

Legati con uno spago fino allo spasimo, l’artista li ha utilizzati nelle sue installazioni pubbliche. Una di queste è avvenuta sul ponte di Bayonne che in quel momento vedeva in serio pericolo la propria stabilità. Infatti era stata da poco data l’autorizzazione per eseguire un intervento di trasformazione urbanistica sul ponte: aumentarne l’altezza per lasciare passare più agevolmente le navi portacontainer più grandi.

A me è venuta in mente la situazione di Venezia dove le grandi navi da turismo continuano pericolosamente a sfiorare Piazza San Marco e Palazzo Ducale! Certo situazioni diverse, ma aventi uno stesso denominatore: la mancanza assoluta di un’etica o di una visione etica nella gestione della cosa pubblica finalizzata alla salvaguardia delle persone, dell’arte, della natura.

Ma nella strategia della Mattingly nella “passeggiata” dei suoi oggetti impacchettati sul ponte di Bayonne, c’era l’intento di creare quella che la stessa ha definito: “Un fastidio per l’industria navale e un naturale rallentamento dell’economia e dei porti di New York”.

Sono andata a svolgere una piccola ricerca su questo progetto relativo all’innalzamento del ponte di Bayonne e ho scoperto che il progetto da 1,4 miliardi di dollari prevede l’altezza della parte inferiore del ponte da 151 piedi (46.0248 metri) a 215 piedi (65.532 metri)

Il ponte costituisce un punto di passaggio delle grandi navi (portacontainer ) da trasporto di merci in entrata e in uscita dall’area metropolitana di New York e dal quadrante nord-orientale del Nord America.

Le merci arrivano su navi portacontainer attraverso The Narrows e Kill Van Kull prima di entrare nella baia di Newark, destinazione Port Newark-Elizabeth, (Port Newark e l’Elizabeth Marine Terminal si trovano accanto rispettivamente nelle città di Newark ed Elizabeth , New Jersey).

Port Newark-Elizabeth è situata nella baia di Newark, uno specchio d’acqua poco profondo “che è stato dragato per ospitare grandi navi (alcune navi entrano nella baia di Newark tramite l’ Arthur Kill ). L’impianto portuale è costituito da due principali scivoli dragati e più gru di carico.

I container sono disposti in grandi pile visibili dalla New Jersey Turnpike prima di essere caricati su vagoni ferroviari e camion”.
Un altro progetto di Mary Mattingly, realizzato nel 2016 a New York, riguarda lo Swale, (termine inglese per descrivere una depressione naturale del terreno) dall’artista americana Mary Mattingly.
Spieghiamo intanto il perché di questo progetto.

Sappiamo che New York City possiede circa 120 milioni di metri quadrati di parchi pubblici.
Un’ordinanza cittadina del Dipartimento dei Parchi vieta la coltivazione e la raccolta di cibo e ciò come impedimento a possibili danni al paesaggio, o motivo di causa di problemi sanitari ai consumatori, se eventualmente ci fosse una contaminazione del suolo.

Gran parte della superficie pubblica della città con questa legge non può di fatto essere utilizzata per la coltivazione.
Circa quindi il progetto Swale, si tratta di una piattaforma galleggiante di 40 x 12 metri, creata da una vecchia chiatta.

Essa è stata reimpiegata come orto “galleggiante”.
La chiatta, un tempo deputata al trasporto della sabbia verso cantieri edili, è stata riconvertita in una foresta contenente alberi da frutto, arbusti ed erbe, specie tutte native e perenni; la loro coltivazione poggia sui principi di permacultura ed “edible forestry” (silvicoltura commestibile).

La “edible forestry” è una scienza finalizzata all’applicazione dei principi dell’ecologia alla scala domestica, simulando “il funzionamento degli ecosistemi silvestri per produrre cibo, fertilizzanti, farmaci, tessuti e combustibili nel nostro giardino di casa”.

La fonte energetica della “foresta galleggiante” è data da pannelli solari; inoltre essa riutilizza la propria acqua attraverso un sistema di pompe e filtri di sabbia. In più l’acqua piovana, all’occorrenza, può desalinizzare e purificare l’acqua salmastra del fiume.

La “piattaforma itinerante” si sposta lungo il fiume Hudson e attracca in vari punti di New York City. Essa riesce così ad essere a disposizione di diverse comunità. I cittadini, gratuitamente, possono salire a bordo, raccogliere ed assaggiare i prodotti di Swale.

Anche questa creazione dell’artista ha una finalità sociale, oltre che politica: quella di porre l’accento su sull’uso comune della terra e delle vie navigabili, “attraverso viaggi informativi, eventi, visite scolastiche e workshop di permacultura, filtrazione dell’acqua, compostaggio e piante medicinali”.

Swale è dunque un serio invito ai cittadini perché possano rendersi responsabile delle scelte e della gestione di un bene pubblico.
Swale coopera oggi con il Ministero delle politiche giovanili, nella gestione di corsi di formazione pubblica e gratuita; inoltre tale sinergia di intenti operativi offre un’ opportunità di sviluppo professionale per i giovani del South Bronx.

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità