Vieni a salvarmi

di Andrea Melis Parolaio

Vieni a salvarmi.

Questa stritolante macchina infernale
chiamata Natale
che alleva i bambini nella bulimia dell’avere
nella droga della gioia
nell’illusione dei benefattori.

Io e mi figlia ci siamo scambiati, a nostra insaputa e dopo i soliti futili doni,
il regalo più bello: una lettera.
Parla di tutto ciò che abbiamo attraversato assieme e vicini
nella gioia e nel dolore in questi anni.
Parla del volersi bene, del futuro, dell’amore.
Solo chi ha l’occhio verso un orizzonte da adulta e un piede ancora nella fanciullezza può dire certe verità.
Dire che se avessimo potuto sceglierci ci saremmo scelti. Che siamo una squadra infallibile nata da alti e bassi, ma l’importante è che si sia formata.
Dire che le manca giocare insieme e manca anche a me.
Che l’ho letta e ho pianto, l’ho riletta e ho pianto nuovamente.
E noi che abbiamo cambiato case e città e vita e affetti e abbiamo lasciato per strada stanze,
oggetti,
vestiti,
libri
e non so quanti alberi di Natale
abbiamo cambiato
abbiamo questa fortuna immensa
che l’amore non ci ha mai lasciato soli,
non ha mai sbagliato indirizzo,
che fosse un legno spezzato alla deriva
o un bel veliero
l’amore ci tiene anche oggi sopra la linea di galleggiamento di qualunque dolore insopportabile, e ci tiene caldi e felici,
anche e soprattutto nei momenti di tristezza.

Ora che sulla tavola di tanti
resteranno solo
gusci di frutta secca,
briciole,
bucce di mandarini e
tappi con stagnola dei colli di spumante,
Io sono felice che
non sia un vuoto che mi riguarda.
Sono un Babbo bastardo che sgobba e maledice e si fa un mazzo indicibile
non per fingere che,
ma per fare si
che il mondo sia più bello per mia figlia e tutti i bimbi.
Non volo sulla slitta e non regalo nulla.
Non sono Gesù ma Caino. Uno dei tanti Caino che le ha ucciso il futuro.
E con lo stigma di Dio in fronte
Spacco la terra col sudore e il sangue per
cavarne fuori un seme e un frutto e un albero
vero e metaforico
per lasciare a mia figlia e a tutti i bimbi
qualcosa che assomigli a un angolo di paradiso. O che almeno non sia inferno.
Luce, pane, amore

Questa stritolante macchina infernale
chiamata Natale
che alleva i bambini nella bulimia dell’avere
nella droga della gioia
nell’illusione dei benefattori
che doneranno loro qualunque cosa vista in tv o su internet
che ordineranno nella letterina
– a prescindere che se la meritino –
a prescindere che siano stati buoni
bravi a scuola o generosi a loro volta
porta con se il seme della favola malata,
che non educa alla riconoscenza
che prima andava bene
quando c’era poco e niente,
ma ora che i bambini hanno tutto e subito
serve un Natale
Di privazione
il natale dei NO
portarli a servire alla Caritas
lavare i piedi ai moribondi,
serve il giorno
del per favore, dei grazie
dei vorrei anziché dei voglio
Della verità che noi genitori, zii, nonni
– fatte le dovute eccezioni-
i soldi non li rubiamo.
Nulla rubiamo.
E per questo siamo tanto infinitamente più generosi e buoni di babbo Natale
– fatte le dovute eccezioni-
che la lettera per dirsi grazie e non per chiedere ancora
ce la meritiamo tutta.
Ma dobbiamo spezzare la catena del Natale.
Nulla è di Babbo Natale su questa terra. Tutto ciò che lo poteva essere
ce lo siamo venduti.
Resta solo l’amore.
Perché dovrebbe andare a un paffuto
fantasma che non esiste ed è un’ingannevole bugia?
Buona giornata d’amore
a tutti noi.

(Andrea Melis Parolaio)

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