Vincent Van Gogh, The starry night

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Un numero esiguo di artisti raggiunge e mantiene la popolarità emotiva di Vincent Van Gogh.

Se a proposito di altri si può commentare O si odia, o si ama, questo non è altrettanto valido per lui, il quale generalmente viene solo ed esclusivamente amato.

Le ragioni di tale empatica, a tratti irrazionale, presa sentimentale, meriterebbero di essere psicologicamente indagate, ma al di là di eventuali, più competenti giudizi, finisce per rivelarsi esplicativo il latente dominio di un onnipresente Rasoio di Occam.

Van Gogh non offre all’osservatore qualcosa di sé, preferendo letteralmente gettarsi anima anima e corpo su quella tela che finirà per diventare parte integrante dello sguardo.

Non vi è la ricerca esasperata di una perfezione inesistente, consapevole di non essere quel disegnatore eccelso che alcuni auspicano e pretendono, ma in lui alberga qualcosa di più concreto e immediato: la trasmissione di un’emozione che preme per essere esternata e si manifesta nella forza dirompente di quei colori, come li descrive Vittorio Sgarbi, che sembrano direttamente spremuti dal tubetto alla tela.

Senza filtri, quasi precipitosi ma non irriflessivi, poiché l’autore, e lo dimostra da molti altri lavori che costellano la sua sterminata produzione, in realtà conosce attentamente ciò che sta facendo, pur riuscendo a connotare i contesti di una sensazione impellente di vorticante irrazionalità.

E ci cattura con Notte stellata, uno dei suoi dipinti più celebri, in cui rappresenta il paesaggio notturno di Saint Rémy de Provence: iconico, mentre raffigura il cielo del luogo colto qualche minuto prima del sorgere del sole – certezza circa il momento effettivo di realizzazione deriva dalle descrizioni, in merito, inviate al fratello Theo, in una serie di epistole – in un contesto in grado di esprimere il profondo desiderio di qualcosa di eterno; quel qualcosa, come lui stesso lo definisce, paragonabile a ciò che prima si identificava con l’aureola.

Immagini non prettamente reali, forse nemmeno totalmente razionali, ma oniriche, coincidenti con una manipolazione fortemente empatica, in cui gli elementi sembrano ruotare in un vortice inarrestabile.
Visioni di cromatismi accesi e bagliori violenti per comunicare un’assenza di pace.

‘Ho un terribile bisogno della religione, allora esco di notte per dipingere le stelle’.
È lo stesso Van Gogh a dichiararlo, e il suo profondo tormento riemergerà anche da innocui paesaggi in cui l’apparente innocenza di un pacifico sottobosco racchiude in nuce una sofferente sensibilità.

L’ambiente di Van Gogh esplode e si fissa sulla tela, abbarbicato ad un tentativo di agognata normalità, immediatamente costretta ad arretrare al cospetto di un sentimento più impellente.
Il vortice delle stelle, il rosso di steli e fiori, a tratti rabbiosi, sferzano immagini per certi versi simili, anticipatrici rispetto a quella che sarà la sua firma definitiva sul testamento di una vita, Campo di grano con volo di corvi, in cui l’artista dona al contempo vita e morte a qualcosa che si distacca dalle precedenti raffigurazioni del medesimo soggetto, con pennellate decise e taglienti al limite della furia, con l’atmosfera cupa accentuata dal tetro volteggiare degli inquietanti corvi; il giallo, più simile all’ocra, perde tutta la potenziale solarità per precipitare in una commistione lugubre e minacciosa col tenebroso blu, a sua volta scalfito da un nero livido a tratti opprimente, per un risultato finale che rivela una figura esasperata e ansiogena in grado di attrarre l’osservatore in un turbinio di emozioni contrastanti.

Nella suggestiva opinione di Stefano Zuffi, Van Gogh pare utilizzare l’immagine iniziale esclusivamente come pretesto per un ipotetico aggancio iniziale con la realtà, tuttavia ben presto abbandonato.

Un dipinto in linea con quanto di più prevedibile in relazione ad una libertà disorientante, nell’impressione di un’immagine indipendente dalla mera razionalità…

Vincent Van Gogh (1853-1890), The starry night, 1889, olio su tela, 73.7×92.1 cm., New York – Museum of Modern Art (MoMA)
Immagine: web

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